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7 febbraio 1324: a 700 anni dall’assedio di Villa di Chiesa

Il prossimo 7 febbraio ricorre il settecentesimo anniversario del termine dell’assedio dell’odierna Iglesias, per opera delle truppe catalano-aragonesi. La resa seguì sette mesi di duro assedio e portò a consistenti sconvolgimenti nella guerra di conquista della Sardegna da parte della Corona d’Aragona, un secolo di guerra, e infine una permanente influenza sociale, politica e culturale che unisce la Penisola Iberica alla Sardegna. Fu anche il primo seme per la futura creazione dello Stato Italiano [1].

 

 Mura Pisano-Aragonesi di Iglesias

 

  1. La conquista della Sardegna

Siamo sul finale del XIII secolo. La Corona d’Aragona è una potenza dalla forte vocazione marittima, che si estende lungo la costa orientale della Penisola Iberica e comprendente i Regni di Maiorca, Valencia, Aragona, e il Principato di Catalogna. La capitale è Saragozza, ma il potere e la corte reale permangono a Barcellona, punto nevralgico delle rotte mediterranee e con una forte classe borghese e nobiliare che controlla (e limita) il potere del re. Per poter sfruttare al meglio i commerci con il Sud-Ovest Asiatico, era fondamentale ottenere una tratta sicura all’interno del Mediterraneo. Era quindi necessario ottenere il controllo di territori intermedi fra la Penisola Iberica e il Medio-oriente: Sicilia, Sardegna, Neopatria (odierna Grecia).

Espansione della Corona d’Aragona, Museu d’Història de Catalunya, Barcellona

 

Nel 1282, i Siciliani si ribellano al governo francese degli Angioini, nella rivolta passata alla Storia come Vespri Siciliani. Il popolo chiede aiuto al re aragonese, da sempre rivale del Regno francese. Il conflitto viene risolto solo nel 1297 da Papa Bonifacio VIII in un periodo, quello medievale, in cui il Papa si riteneva la massima e indiscussa potenza sopra tutti i regni di fede cristiana. Bonifacio VIII istituisce formalmente il Regno di Sardegna e Corsica, affidando al re aragonese, Giacomo II, la licentia invadendi in cambio della sua rinuncia al Regno di Sicilia. Giacomo II può procedere alla conquista della Sardegna (e della Corsica, che però non avverrà mai) con i suoi propri mezzi e con l’autorizzazione papale [2].

La guerra non inizia immediatamente. Giacomo II e suo figlio, l’infante Alfonso, devono trovare i mezzi e i soldi per la spedizione. Tramite trattati e accordi fra tutte le entità della Corona d’Aragona, il re riesce a trovare i fondi, in gran parte forniti dal Principato di Catalogna, e nel 1323 può dare inizio alla conquista catalano-aragonese [3].

La spedizione parte da Maiorca il 14 giugno 1323, sotto la guida dell’infante Alfonso. L’infante e le sue truppe sbarcano qualche settimana dopo a Palma di Sulci (presumibilmente l’odierna Porto Botte). Vengono accolti da alcuni delegati delle entità presenti in quel momento in Sardegna: il Giudice d’Arborea e amico di penna di Alfonso, Ugone II, manda dei suoi uomini per suggerire all’infante di non procedere con l’assedio di Cagliari ma attaccare Villa di Chiesa. Le motivazioni del Giudice, a capo dell’ultimo Giudicato a quel tempo esistente, erano forse di personale astio contro i Pisani che al momento controllavano il Sud Sardegna ed in particolare Villa di Chiesa, ma si può spiegare anche con la presenza e lo sfruttamento delle ingenti miniere d’argento.

Alfonso accetta l’idea e per prima cosa manda un suo comandante a perlustrare la villa. Don Artal de Luna raggiunge la cittadina con un manipolo di uomini e cerca di ottenere una reazione dalla villa per studiarne le difese, ma Villa di Chiesa, sotto il controllo di due capitani e difesa da poco più di cento balestrieri di addestramento pisano, si chiude e non reagisce. Artal de Luna torna indietro a mani vuote. 

Nel frattempo, l’infante Alfonso raggiunge Villa di Chiesa con tutte le sue truppe. Instaura cinque campi d’assedio attorno alle mura. Il suo campo d’assedio si trovava di fianco alla chiesa di Valverde, dove si sistemò anche l’infanta Teresa che lo accompagnava in quella che si credeva essere una breve battaglia.

Sul finale di giugno, 1323, Alfonso guida la prima offensiva alla villa, che fallisce miseramente, dovuta anche alla sua giovane età ed inesperienza, come riferisce il suo consigliere Pere de Boyl nelle lettere a Giacomo II. Anche Ugone II raggiunge Villa di Chiesa con le sue truppe e si schiera al fianco dell’infante. Dei rappresentanti delle famiglie Doria e Malaspina, di origini genovesi e che controllavano territori nel nord Sardegna, si presentano a rendere omaggio al re nella persona dell’infante.

Ad inizio luglio, Alfonso tenta un nuovo attacco che le truppe di rinforzo, ma di nuovo fallisce. Si decide quindi di procedere con l’assedio.

Siamo nel caldo periodo estivo e una delle prime azioni di Alfonso è tagliare i rifornimenti e l’acqua alla villa. Gli acquedotti vengono interrotti e in poco tempo le fontane si seccano. I collegamenti con l’esterno, con Cagliari, Pisa, e con le miniere, sono interrotti. Ma Alfonso non aveva considerato uno dei più grossi problemi che affliggevano la Sardegna d’estate sin dai tempi romano-punici: la malaria.

Presumibilmente, il campo d’assedio reale si trovava in luogo paludoso e la malattia si diffuse rapidamente. Le cronache catalane del tempo, raccontano che metà dell’esercito catalano-aragonese morì e l’altra metà era malata. Non vi erano più abbastanza uomini vivi per seppellire i morti [4]. Anche l’infante e l’infanta si ammalarono. Alfonso soffrì di febbri malariche per tutto il tempo che trascorse in Sardegna, e tutte le damigelle catalane dell’infanta morirono.

Nel frattempo, i mesi passano. Villa di Chiesa tenta di chiedere aiuto a Pisa mandando una lettera d’implorazione tramite il messaggero Guiccio da Fabriano. Conosciamo questa lettera perché Guiccio fu intercettato e arrestato dalle truppe aragonesi e arborensi, e la sua lettera ci fornisce una descrizione della Villa di Chiesa medievale: una cittadina racchiusa da una muraglia, una palizzata di legno e un fossato, e con venti torri e un castello (San Guantino, in seguito Salvaterra).

Anche gli aragonesi ottengono rinforzi dalla madre patria, nella persona del Castellano d’Amposta: Martí Perez de Oros. Il Castellano, però, viene ucciso quasi subito dal dardo (javelin, in [4]) di un balestriere di Villa di Chiesa.

Villa di Chiesa è allo stremo. Non vi è acqua né cibo. Si tenta di mandare fuori donne, vecchi e bambini, per limitare il numero di cittadini da sfamare, ma le truppe aragonesi rispediscono tutti dentro. La gente è costretta a mangiare topi e i propri animali domestici. Allo stesso modo, le truppe aragonesi erano dimezzate, colpite dalla malaria. Cominciano quindi i primi tentativi di pace. Dopo sette mesi di assedio, i capitani di Villa, Vico Rosselmini e Jacopo da Settimo, accettano la tregua: avrebbero aspettato fino al 13 febbraio, 1324, dei soccorsi da Pisa. In caso di mancato supporto, avrebbero firmato la resa.

La resa giunge però il 7 febbraio 1324, per volere dei cittadini che aprono le porte della città in vista della mancanza di viveri anche solo per un altro giorno. Le truppe aragonesi entrano quindi in città ma l’infante Alfonso riconosce il valore dei nemici e gli concede l’onore delle armi. A coloro fra i combattenti che desiderano continuare a combattere per Pisa, è concesso lasciare la città liberamente e dirigersi al Castello di Cagliari. Alla città è inoltre concesso di mantenere il proprio codice di leggi di stampo pisano, il Breve di Villa di Chiesa.

La conclusione dell’assedio riporta l’attenzione su Cagliari. Qualche mese più tardi, anche Cagliari si arrenderà all’assedio e i Pisani saranno definitivamente sconfitti, anche se la loro presenza rimarrà ancora per qualche tempo. Nel 1324, si ha quindi anche la creazione ufficiale per mano dell’infante Alfonso del Regno di Sardegna, nella cittadella catalana di Bonaria, regno che sei secoli più tardi, ormai in mano sabauda, guiderà l’unificazione italiana [1]. Villa di Chiesa diverrà la prima Città Regia (ossia sotto il diretto controllo del re e non infeudata) del Regno di Sardegna.

La guerra di conquista della Sardegna però non termina qui. I rapporti fra Arborea e Aragona si stringono ulteriormente, con i principi d’Arborea, Mariano e Giovanni, figli di Ugone, che vengono inviati alla corte di Barcellona per essere educati. Mentre Giovanni rimane fedele alla Corona, Mariano si mostra recalcitrante alle misure del re Pietro IV, figlio di Alfonso. La situazione peggiora per la Corona quando Mariano eredita il titolo del Giudicato alla morte del fratello e, nel 1353, si schiera a favore dei Doria contro l’Aragona, iniziando la guerra sardo-catalana che si protrarrà ancora per settant’anni, portata avanti dai figli Ugone ed Eleonora.

Le fasi finali della guerra di conquista vedono la disfatta delle truppe sarde a Sanluri, nel giugno 1409, e la fine del Giudicato d’Arborea nel 1420, secondo il trattato fra il Giudice Guglielmo di Narbona e Alfonso V il Magnanimo. La Sardegna diventa quindi interamente Regno di Sardegna ed entra totalmente nell’orbita della Corona d’Aragona, prima, e di Spagna, poi, con le ultime rivendicazioni da parte di Leonardo d’Alagón ai tempi dei Re Cattolici, Isabella e Fernando.

L’assedio di Villa di Chiesa non è quindi solo un fatto a sé stante, ma l’inizio di una guerra dura e sanguinosa per entrambe le parti che si protrarrà per un secolo e che porta la Sardegna nella sfera d’influenza iberica, non come territorio sottomesso ma come parte integrante di un impero in espansione.

Proiettile di catapulta risalente all’assedio aragonese, attualmente esposta nel cortile del castello Salvaterra.

 

  1. Scambi culturali

L’ingresso nella Corona d’Aragona comporta un’accentuazione delle già presenti influenze culturali iberiche in Sardegna. Queste influenze si riscontrano nella giurisdizione, nella lingua, nella religiosità, nell’architettura, nella moda.

La creazione del nuovo regno necessita anche la creazione di un modo di governo, che viene scelto replicando le Cortes catalane. In Sardegna prende il nome di Parlamento, formato da tre bracci o Stamenti (ecclesiastico, reale, militare, sulla base del modello catalano). Il Parlamento sardo rimarrà attivo sino al 1847, anno della Fusione Perfetta del Regno di Sardegna, mentre le Cortes catalane vengono soppresse nel 1720 a seguito della Guerra di Successione Spagnola.

Dalla Catalogna, la Sardegna eredita anche il modello pattista: il re è tale solo al seguito di un patto con il popolo (rappresentato dal Parlamento-Cortes) ed è obbligato ad ascoltarne le richieste in cambio di una tassa, il donativo. L’apice del Pattismo in Sardegna si raggiunge nel 1668, quando il marchese di Laconi Agostino di Castelvì, capo dello Stamento militare, si oppose fermamente fintantoché le richieste dei Sardi non fossero ascoltate. La vicenda si concluse con i noti fatti di Cagliari: l’omicidio prima del marchese di Laconi e poi del Viceré stesso, inclinazioni che portarono lentamente la Sardegna fuori dalla Corona spagnola nel 1720.

Durante il periodo aragonese, la Sardegna vede anche l’applicazione del sistema feudale, eliminato solo nel 1839 dopo anni di lotte antifeudali, e l’attribuzione dell’odierno stemma dei Quattro Mori, originariamente appartenente ad Aragona.

Stemma dei Quattro Mori nella vetrata della Cappella Palatina di Santa Agata, Palau Reial Major, Barcellona.
 
 
Volta crociata gotico catalana di una cappella della Chiesa di San Francesco, Iglesias.
 
 
Retablo di Tuili del Maestro di Castelsardo, chiesa di San Pietro Apostolo, Tuili (SU).

 

Le influenze linguistiche sono note ai più, sia per parte del catalano che del castigliano, e non si limitano al solo algherese. La stessa Villa di Chiesa prese il nome di Vila d’Esglésies, dal catalano, poi Villa Iglesias, infine Iglesias. Le stesse classi nobiliari sardo-iberiche assumono come lingua colta prima il catalano, poi il castigliano, creando opere letterarie di alto pregio ed educandosi in università iberiche. Si ha anche la fondazione delle due università sarde di Sassari e Cagliari.

Basta assistere alle Processioni religiose della Settimana Santa per essere testimoni dell’influenza spagnola sui riti religiosi sardi, riti con le radici nel gusto sfarzoso di sei secoli fa e che ormai anche in Spagna sono andati perduti o modificandosi. I canti liturgici che accompagnano diverse celebrazioni, gosos o goccius, sono di discendenza catalana, goigs [5].

Del periodo aragonese ritroviamo testimonianze nelle opere architettoniche e pittoriche. Si importa nell’Isola lo stile gotico catalano, ancora visibile non solo nella cattedrale di Alghero ma anche in molte chiese, sparse un po’ ovunque in Sardegna. Sono presenti in alcuni tratti più antichi della cattedrale di Cagliari e sono presenti nella nostra chiesa di San Francesco, uno dei più chiari esempi di gotico catalano in Sardegna. Nella pittura, troviamo numerosi retabli dipinti da maestri sardo-catalani, come il Retablo del Maestro di Castelsardo a Tuili.

Una forte e chiara influenza iberica si ritrova negli indumenti e gioielli tipici della tradizione sarda. Nomi di chiara discendenza castigliana o catalana (mantiglia, deventali, falda...) ma anche apparenti somiglianze nelle forme, tagli, composizioni e nell’appariscente ricchezza. I tessuti catalani erano già apprezzati da Mariano IV e la sua corte. La Sardegna era ancora troppo spagnola un secolo dopo essere passata in mano ai Savoia (di ispirazione francese), e questo comportò diverse frizioni.

Insomma, l’assedio di Villa di Chiesa non è solo un evento a sé stante, non è nemmeno solo l’inizio di una guerra che durò cento anni, ma è l’evento iniziale di un processo di scambio e integrazione che ha formato quello che oggi chiamiamo identità sarda.

 

  1. Coltivare la memoria

Un anniversario del genere meritava essere ricordato. Ed è così che qui, ad Iglesias, non sono mancate le manifestazioni in ricordo di questo evento (e ancora non sono finite).

Circa un anno e mezzo fa, ho proposto un’idea all’Archivio Storico Comunale di Iglesias: organizzare una serie di manifestazioni che ripercorressero i 7 mesi di assedio, per diffondere la conoscenza e la consapevolezza, anche fra i più giovani e gli studenti. Con gioia e anche con un po’ di stupore da parte mia, l’idea è stata apprezzata dalle archiviste Dott.sse Daniela Aretino Dessì e Giorgia Marcìas, che da allora si sono messe al lavoro per proporre 5 diversi eventi, fra presentazioni di libri, convegni, incontri con le scuole, e un incontro finale speciale. E io ne ho avuto notizia proprio mentre mi trovavo a Barcellona per studio.

 
Daniela Aretino e Vindice Lecis durante la presentazione de “La conquista” al castello Salvaterra.
 
Rappresentazione della Compagnia D’Arme Gioiosa Guardia.

 

Il primo evento si è tenuto il 24 giugno 2022, al castello Salvaterra. Abbiamo assistito alla presentazione del libro “La conquista” di Vindice Lecis, con visite guidate al Museo delle Torture medievali e rappresentazioni di scherma storica da parte della Compagnia d’Arme Gioiosa Guardia.

Abbiamo coinvolto gli studenti di scuole medie e superiori, che hanno mostrato il loro entusiasmo nell’imparare la propria Storia locale (e, mia personale soddisfazione, il riconoscimento e la gratitudine delle loro famiglie).

Ci aspetta un grande evento, il 3 febbraio al Teatro Electra (ore 18:00). Per terminare e ricordare al meglio la resistenza della nostra città, ci ritroveremo al teatro per una sessione di letture di autori iglesienti, accompagnati dalla Banda musicale “Verdi” che proporrà un’opera scritta per l’occasione dal compositore Lorenzo Pusceddu. Un evento di notevole interesse a conclusione di un progetto tutto iglesiente, in cui speriamo di riscontrare il coinvolgimento della cittadinanza. E ci sarò anch’io, o meglio il mio alter-ego letterario, Dr. Watson. Per qualsiasi informazione e aggiornamento, rimando alla pagina Facebook Amici dell’Archivio Storico.

Fabio Manuel Serra introduce il Convegno internazionale di “Ammentu”.
 

Lo scorso ottobre, abbiamo potuto assistere anche ad un Convegno internazionale, organizzato dal Dott. Fabio Manuel Serra per la rivista “Ammentu”. Con il pretesto dei settecento anni dell’assedio, abbiamo avuto il piacere di sentir discutere dei fatti concernenti l’assedio, delle sue conseguenze storiche e culturali che qui sono state solo accennate. Rimando quindi agli Atti del Convegno, quando verranno pubblicati.

Concludo questo articolo con la speranza che queste iniziative siano solo l’inizio verso una nuova consapevolezza della nostra Storia e che questa venga finalmente portata nelle scuole come programma di studio o, laddove rimanga difficile, tramite insegnanti consapevoli dell’importanza della nostra Storia, che tanto locale poi non è.

Locandina degli eventi organizzati dall’Archivio Storico Comunale per i 700 anni dall’assedio.

 

Bibliografia

[1] Francesco Cesare Casula, Il Regno di Sardegna – Volume 1

[2] Gian Giacomo Ortu, La Sardegna dei Giudici, Ed. Il Maestrale

[3] Gian Giacomo Ortu, La Sardegna tra Arborea e Aragona, Ed. Il Maestrale

[4] La conquista della Sardegna nelle Cronache catalane - Ramon Muntaner e Pietro IV il Cerimonioso, AA. VV., Ed. Ilisso

[5] August Bover i Font (UB), I “goccius” nei Paesi catalani e in Sardegna: un’evoluzione parallela, Insula n° 8, 2010

 

Letture consigliate

“La città dell’argento”, Marco Tangheroni

“Costumi”, AA. VV., Ed. Ilisso

“Gioielli”, AA. VV., Ed. Ilisso

“I riti della Settimana Santa in Sardegna”, AA. VV., Ed. Imago

“L’architettura del Medioevo in Sardegna”, Raffaello Delogu, Carlo Delfino Editore

“Pittura sarda del Quattro-Cinquecento”, Georgiana Goddard King, Ed. Ilisso

“La via dei retabli - Le frontiere europee degli altari dipinti nella Sardegna del Quattro e Cinquecento”, AA. VV., Carlo Delfino Editore

 

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   Cronologia essenziale di Iglesias (2020) [~25 MB]

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   Breve storia di Iglesias (da PC, lettura assistita)

   Personaggi legati a Iglesias

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Arianna Manca

 

 

 

Arianna Manca 

 (Iglesias, classe 1994)

2013: Maturità  scientifica presso ITIS Minerario "Asproni", Liceo Scientifico-Tecnologico di Iglesias; 

2016: Laurea triennale in Fisica presso l'Università degli studi di Cagliari (UniCa); 

2020: Laurea Magistrale in Fisica presso UniCa; 

2020: Inizio Corso di dottorato in Astrofisica presso UniCa. Associato presso l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Appassionata di Storia e scrittura creativa.

  

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