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Il Sapere e il Saper Fare

Il Blog collettivo iglesiente è felice di ospitare il contributo di un grandissimo innovatore italiano che sta realizzando un progetto ambizioso ma alla portata di tutti coloro che hanno compreso l'importanza del cambiamento di paradigma economico a partire da una azione intensa e partecipata dal basso. Il suo progetto l'ha chiamato "Il portale dei saperi e del saper fare" ed è documentato nella corrispondente pagina facebook.

Grazie al nostro ospite per il significativo contributo nella direzione di un cambiamento possibile. 

Mauro Ennas

 

Il Sapere e il Saper Fare di Graziano Naressi

La situazione economica, sociale ed ecologica a cui stiamo andando incontro richiede una compartecipazione di molti, disponibili ad inventare e ad applicare nuovi stili di vita, capaci di soddisfare in profondità anche le necessità esistenziali delle persone, nel rispetto e nella collaborazione con gli altri individui della terra.

Se scegliamo uno sviluppo locale auto-sostenibile con tecnologie appropriate all'ambiente naturale, possiamo indicare una serie di criteri da seguire per aumentare la qualità del sistema produttivo avendo come obiettivo la salubrità dell'ambiente: Le finalità sono quelle di incentivare, diffondere e agevolare il miglioramento della qualità della vita attraverso l'auto-produzione dei beni.

Il Saper Fare è il recupero di un insieme di pratiche tradizionali che si sono tramandate da padre in figlio. Il Sapere e il Saper Fare dimenticati, (quelli che vengono spesso considerati arretrati e poco scientifici), sono invece strumenti importanti per liberare gli individui dalla dipendenza assoluta dalle merci e dal mercato.

Ogni processo produttivo atto a realizzare un determinato prodotto, è passato (prima di essere industrializzato) nelle mani di uomini, di artigiani che quella materia, quel prodotto lo hanno manipolato e creato: da questo passaggio importante nasceva il prototipo.

Il processo di smantellamento dell’economia reale nel nostro paese è iniziato con la marginalizzazione prima, la distruzione poi, dell’artigianato primario.

Burocratizzazione ossessiva e sistemica; morte del vero apprendistato “di bottega”; declassamento, nell’immaginario collettivo, dei mestieri attraverso la mono-cultura – mito – della laurea, unico simbolo di stato riconosciuto e, quindi, ricercato e voluto dalle famiglie.

Il Saper Fare è una risposta chiara e praticabile, alla portata di tutti. È uno strumento strategico, grazie al quale ogni singolo individuo può agire in modo immediato, concreto e diretto per migliorare la propria condizione e il proprio rapporto con l’ambiente, modificando progressivamente il proprio stile di vita in modo anche divertente, coinvolgente e sicuramente economico: piacere di far le cose, manualità, coscienza ambientale, lavorare insieme, recupero delle pratiche del passato ma non solo.

Il Saper Fare corrisponde, pertanto, ad un ritrovamento della propria individualità e della propria capacità di scelta, è la possibilità che ogni persona possiede di intervenire e di agire direttamente sulla Terra con basi eco-sostenibili, perché “solo chi non sa fare niente di ciò che gli serve può diventare un consumista senza alternative” (Pallante, “La decrescita felice”).

Il sapere, è il motore della nostra vita Il portale è “fatto” per fare circolare i saperi o, più esattamente, noi siamo “fatti” per circolare nei saperi. Il portale è solo uno strumento, uno stimolo perché ogni cervello si avvicini ad altri cervelli.

La società, da parte sua, funziona su un sistema di detenzione del sapere che entra nella logica della competizione. Essa si divide dunque in classi di cittadini riconosciuti degni del sapere e di sub-cittadini esclusi dal sapere, non degni di intervenire nel funzionamento della società stessa.

Riconoscendo ogni persona portatrice di sapere e adatta a trasmetterlo il Portale ha l’ambizione di sfidare proprio questa logica. Quanto più questo sapere circola e quanto più noi navighiamo nei saperi, tanto più si intessono dei legami di solidarietà e di corresponsabilità. Le principali resistenze a questa filosofia della condivisione derivano dal radicamento nelle nostre teste, fin dai primi anni di scuola, del principio del “ciascuno per sé”.

Questo principio “protezionista” produce il timore di perdere le proprie capacità se si condividono le conoscenze con altri. Di fronte alla constatazione di una realtà retta dalle leggi della giungla, in cui prevale la volontà di vincere sottesa alla gerarchia dei saperi, si possono assumere tre atteggiamenti:

  • accettare questa regola del gioco che mi conviene perché mi trovo in una posizione favorevole;
  • respingere questa logica, ma che peso posso avere per combatterla e rovesciarla?
  • metterla in conto come una realtà a cui non si può sfuggire, per non esseri messi “fuori gioco” .

In effetti si crea una relazione di amicizia, di confidenza; ciò che ci si offre reciprocamente è una parte di se stessi, della propria storia. Inoltre ogni sapere è esso stesso creatore di una serie di altri saperi, fonte di un processo intellettuale che apre a delle nuove conoscenze, come una reazione a catena.

Lo scambio permette anche un rinnovamento reciproco delle modalità di insegnamento, costituisce una riserva di energie che agiscono congiuntamente su più dimensioni dello sviluppo delle persone. In questo senso gli effetti degli scambi di saperi superano di molto il semplice baratto o lo scambio di servizi.

La reciprocità, regola d’oro etica degli scambi reciproci dei saperi, rappresenta dunque anche una scelta pedagogica.

 

La ricchezza dei saperi
Tutti i saperi hanno la loro ricchezza, la loro dignità, in quanto partecipano ugualmente alla costruzione della società umana. L’importante non è l’acquisizione di una Verità unica, ma di avvicinarsi alla complessità del reale mettendo in interazione la propria esperienza con quella degli altri nella prospettiva di un futuro, alla cui costruzione ognuno deve contribuire nel presente. Ogni sapere non è immediatamente accessibile a tutti, non ha la stessa utilità per tutti. Non tutti acquisiscono il sapere alla stessa maniera e allo stesso ritmo. Tuttavia ognuno possiede dei saperi utili e interessanti per gli altri e di conseguenza per la società e ciascuno è suscettibile di trasmettere il proprio sapere.
 
Trasmetterlo significa comunicarlo, aiutando l’altro ad appropriarsene. Il tempo antico, quando ogni adulto era ancora un professore, è finito. Ora ha il diritto di insegnare solo chi è omologato, secondo dei criteri stabiliti dal sistema. Questo ci permette di vedere che l’educazione è diventata qualcosa di raro, e dunque può essere mercificata.” Nella nostra società contemporanea, la comunicazione è diventata un' affare per professionisti; il tessuto sociale si disgrega a poco a poco, mentre si afferma un sistema di società a “due velocità”, dove una minoranza di élite detiene il sapere (il sapere sempre più sofisticato delle nuove tecnologie) e il potere, ed una maggioranza è tenuta sempre più in disparte dalle decisioni che interessano la società nel suo insieme.
 
Le relazioni fra le persone ed i gruppi sociali si dilatano sempre più, i servizi che una volta erano degli atti naturali di solidarietà divengono delle attività commerciali, monetizzate, per compensare gli impieghi produttivi che la tecnologia moderna ha fatto sparire.
 
La trasmissione dei saperi!
La mia esperienza d’insegnamento mi ha fatto capire che si possono ampliare le proprie conoscenze insegnando agli altri! Come a scuola, dove chi insegna non è tenuto a sapere tutto, ma deve essere in grado di individuare ciò che sa e ciò che non sa, di riconoscere ciò che in parte non sa all’interno stesso dei saperi che trasmette.
 
Per progredire nei propri saperi è importante imparare a trasmetterli. Trasmettere un sapere – come abbiamo già accennato prima – significa aiutare l’altro ad appropriarsi di questo sapere, fare il possibile perché lo integri fino al punto da farlo diventare suo. Giungere al punto che l’allievo possa farsi a sua volta portatore di questo sapere, utilizzarlo in modo autonomo. Fare in modo che anche lui sia in grado di trasmetterlo ad un altro.

Presentazione del portale dei saperi e del saper fare (9 slides).

Saperi negati
In questo ambito si promuoveranno tutti quei saperi che alcune élite culturali hanno interesse a tenere nascosti, la diffusione dei quali costituirebbe per tutta l'umanità un salto enorme di consapevolezza e di sviluppo.
Il Sapere e il Saper Fare dimenticati, quelli che vengono spesso considerati arretrati e poco scientifici, sono invece strumenti importanti per liberare gli individui dalla dipendenza assoluta dalle merci e dal mercato.
La situazione economica, sociale ed ecologica a cui stiamo andando incontro richiede una compartecipazione di molti, disponibili ad inventare e ad applicare nuovi stili di vita , capaci di soddisfare in profondità anche le necessità esistenziali delle persone, nel rispetto e nella collaborazione con gli altri individui della terra. Il portale promuoverà questi saperi, che possono essere i più svariati, dalla medicina non convenzionale, alle free energy, ecc...
Si attiveranno veri e propri progetti di ricerca (prediligendo quella applicata), laboratori di sperimentazione e quant'altro, con i mezzi che avremo a disposizione. Quindi la valutazione della produttività di un sistema tecnologico dovrebbe dipendere oltre che dai fattori economici anche e soprattutto da fattori sociali ed ambientali determinati dall'uso della merce prodotta.
 
Estratto dal mio libro "Il portale dei saperi e del saper fare" di Graziano Naressi.
 

Il portale dei saperi e del saper fare 

Naturalmente chi vuole proporre idee e/o progetti non contenuti in questo libro sarà benvenuto e sarò lieto di aiutarlo a realizzarli. I manuali tecnici contengono oltre ai disegni, molte foto e video che servono per comprendere al meglio i contenuti proposti.
Per ricevere il libro “Il portale dei saperi” e l'elenco completo dei corsi basta farmi una richiesta su questa mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)   

   Intervista a Graziano Naressi (video da non perdere)

   Il portale dei saperi su Facebook  

   File 

   I 4 elementi (seminario)

   Presentazione del gruppo Facebook

 

Leggi

   11 Febbraio – Giornata delle Donne nella scienza a cura di Arianna Manca

  Perché NO. La schiavitù dell'energia a cura di Mauro Ennas

   Passi verso l'organizzazione di politiche dal basso a cura di Mauro Ennas

 

Leggi anche

   La riconversione possibile a cura di Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa

   Carta dell'autosviluppo eco-solidale a cura della Rete delle associazioni

   La riconversione RWM: metodo e proposte a cura di Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa

                                               

Graziano Naressi

 

 

 

Graziano Naressi 

 (Algrange/Francia, classe 1952)

Mi chiamo Naressi Graziano e sono nato nel 1952 a Algrange (nord della Francia) dove ho vissuto fino al 1965 quando la mia famiglia ha deciso di ritornare in Italia.

Sono un progettista industriale e insegnante di disegno tecnico che a un certo punto della vita ha deciso di condividere i suoi saperi e le sue conoscenze con chi ne ha più bisogno.

Questa scelta mi ha portato a impegnarmi nella solidarietà internazionale.

La mia prima esperienza di volontariato l'ho fatta in Nicaragua nel 1980 durante un viaggio di solidarietà organizzato dal sindacato unitario (Cgil, Cisl e Uil). Nel 1983 sono stato invitato in Guatemala da un'associazione cattolica per insegnare a costruire cucine solari.

Dal 1985 al 1990 sono stato in Mozambico in qualità di cooperante allo sviluppo alle dirette dipendenze del Ministero degli Esteri Italiano (Dipartimento Cooperazione allo Sviluppo).

Se vuoi sapere di più  scarica il CV

 

Blog collettivo iglesiente

  

 

11 Febbraio – Giornata delle Donne nella scienza

 

 

 

L’11 Febbraio è la Giornata Internazionale per le Donne nella scienza, indetta dall’UNESCO per celebrare le donne e scienziate che si sono distinte nel campo di ricerca e per ridurre le differenze ancora presenti fra donne e uomini. Le statistiche del 2019 mostrano come, a livello globale, le donne impegnate in carriere STEM (acronimo inglese di Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) siano sempre sotto il 50% di ricercatori totali, con punte del 48% in Paesi del Sud America ed Asia Centrale. Negli Stati Uniti ed Europa occidentale, questa percentuale scende al 33%, rispetto ad una media del 30% su tutto il mondo.

L’Italia non è messa meglio. Si allinea alle statistiche del resto dell’Europa occidentale, con un divario fra donne e uomini laureati in campi scientifici che si acuisce nel nord Italia, rispetto a sud e centro. Vi è inoltre una forte differenza fra le studentesse laureate o dottorate, e le effettive ricercatrici o professoresse universitarie. Si nota infatti che fra il totale di laureati in materie STEM, il 38% sono donne ma solo il 21% dei professori nella stessa area è donna. Questo mostra che le donne interessate alle materie ci sono, ma non riescono a raggiungere gli stessi livelli di prestigio degli uomini. Coloro che invece quei livelli li raggiungono, sono tendenzialmente sottopagate rispetto alla controparte maschile.

Donne in ambienti universitari e di ricerca (Fonte: "MIUR, Ufficio Statistica e Studi", 2019).
 
 
Donne e uomini ai vertici della carriera accademica (Fonte: "MIUR, Ufficio Statistica e Studi", 2019): si può notare un allargamento della forbice tra uomini e donne per le posizioni apicali.

 

È un problema generale di tutto il mondo accademico, in cui alle donne vengono preclusi i ruoli più rilevanti (basti pensare che l’Università di Cagliari ha avuto il suo primo Rettore donna dopo circa 400 anni di storia). Le statistiche del MIUR, fra gli anni 2010-2019, mostrano come la percentuale di donne laureate era di circa il 57%, ma fra i professori universitari l’80% è uomo e il 20% donna, con percentuali che tendevano a restringersi in quegli stessi anni. Il divario è evidente, ed ancor più se si analizza meglio all’interno dell’ambito scientifico.

STEM sta per Science, Technology, Engineering e Mathematics. Science include fisica, biologia, medicina; Technology include informatica; Engineering e Mathematics sono equivalenti ad ingegneria e matematica. All’interno di questa suddivisione si nota una maggiore presenza di studentesse in area Science ed un forte declino verso le altre, in particolare ingegneria e matematica che sono ancora considerate “materie per uomini”. Si fa una distinzione fra soft sciences, “scienze leggere”, come biologia e astrofisica, e scienze difficili, come ingegneria e matematica, che si crede essere più rigorose in quanto meno sperimentali (vero per la matematica, un po’ meno per l’ingegneria). Si nota una maggiore presenza di donne nelle soft science rispetto alle hard, frutto anch’essa di un’idea secondo la quale le donne possano cimentarsi solo in materie non troppo rigorose.

Il divario non è di costruzione recente e si basa ancora su idee e stereotipi antichi. Per lungo tempo alle donne non era concesso avere un’istruzione universitaria e coloro che studiavano per conto proprio non erano considerate o ascoltate. Quando le donne hanno iniziato a chiedere di essere ammesse alle università come gli uomini, i pregiudizi verso di loro si sono riproposti all’interno della propria carriera. Marie Curie, doppio premio Nobel in Fisica e Chimica, non ottenne cattedra universitaria se non dopo la morte del marito, anch’esso fisico e premio Nobel. La scopritrice delle pulsar, Jocelyn Bell, non ottenne il premio Nobel perché donna, mentre venne dato al suo supervisore uomo che non partecipò alla scoperta. Stessa cosa accadde a Rosalind Franklin, colei che realizzò le immagini della doppia elica del DNA, ma il premio Nobel andò solo a Watson e Crick. Attualmente, dal 1901 ad oggi, solo tre premi Nobel per la Fisica sono andati a delle donne.

L’idea che le donne non siamo “portate” verso le materie scientifiche risiede in tanti stereotipi: dalla (fin troppo attuale) idea che le donne siano più propense a campi che abbiano a che fare con l’infanzia e l’educazione dei bambini, all’idea che non abbiano abbastanza carattere per restare nell’ambiente accademico, che siano troppo “emotive” per superare le critiche che appartengono al metodo scientifico. Inoltre, vi è una tendenza a non investire sulle donne in campo scientifico (e più in generale, accademico) in quanto si pensa che possano ad un certo punto rinunciare alla carriera universitaria per attendere la famiglia, e poter quindi dedicare poco tempo al lavoro.

Un importante fattore che influisce sulla percezione sociale delle donne nella scienza è l’esempio di precedenti scienziate. In campo astrofisico è più probabile trovare donne, studentesse e ricercatrici, che seguono l’esempio di numerose donne che sono venute prima di loro. La loro esistenza mostra alle giovani generazioni che quel percorso è possibile, di conseguenza le ragazze non saranno intimorite da prendere determinate decisioni. L’assenza (o piuttosto, la cancellazione) di figure femminili in campo informatico o ingegneristico non favorisce invece queste materie.

In realtà, le donne si sono sempre occupate di scienza, anche quando era loro precluso. Quando scienza e filosofia erano ancora la stessa cosa, troviamo Ipazia d’Alessandria, probabilmente la prima ad aver ipotizzato che le orbite dei pianeti sono ellissi. Ipazia venne uccisa brutalmente da una folla di cristiani che l’accusava di paganesimo.

Laura Maria Caterina Bassi Veratti, più nota come Laura Bassi (Bologna, 29 ottobre 1711 – Bologna, 20 febbraio 1778), è stata una fisica e accademica italiana, nota per essere stata tra le prime donne al mondo a ottenere una cattedra universitaria e una delle prime donne laureate in Italia.

 

In Italia, troviamo fra le figure più note Laura Bassi, fisica che non potendo frequentare materie scientifiche all’università, ottenne nel 1732 la laurea in Filosofia all’Università di Bologna. Fu una delle prime laureate in Italia ed ottenne una cattedra in Filosofia, anche se le sue lezioni furono occasionali. Portò avanti corsi di Fisica, riuscendo infine ad ottenere una cattedra nella stessa materia nel 1776. Fu una delle prime docenti universitarie al mondo.

 
Le matematiche Ada Lovelace e Emmy Noether.

 

Ada Lovelace visse invece nell’Inghilterra del XIX secolo. Figlia del noto poeta Lord Byron, è ricordata per essere una matematica e prima programmatrice al mondo. Fra i suoi lavori infatti si ricorda un algoritmo per ricreare la sequenza dei numeri di Bernoulli, adatto per essere riprodotto su una macchina.

 

Fra Ottocento e Novecento, troviamo numerose scienziate, limitandoci al solo contesto europeo. Marie Curie, che insieme al marito Pierre scoprì la radioattività, il radon e il polonio, è solo una di loro. È interessante ricordare come anche la figlia Irene proseguì gli studi in campo scientifico, ottenendo anche lei un premio Nobel. Fra le scienziate importanti meno note al di fuori del campo accademico, vi è Emmy Noether, fisica teorica che formulò uno dei teoremi fondamentali della Fisica teorica, ossia che ad ogni legge di conservazione è associata una simmetria del sistema. Ricordiamo anche Mileva Maric, prima moglie di Albert Einstein che probabilmente lo aiutò nella formulazione della sua teoria della relatività. Mileva Maric fu penalizzata nei suoi studi, che non terminò, dal fatto di essere rimasta incinta. Fu la prima donna a studiare Fisica al Politecnico di Zurigo. Lise Meitner fu fisico nucleare che si occupò ed interpretò il fenomeno della fissione nucleare, fino a quando non fu costretta a fuggire dalla Germania nazista.

Molte scienziate di inizio Novecento si occuparono di astronomia e astrofisica. Henrietta Swan Leavitt scoprì la legge di variabilità della luminosità nelle stelle Cefeidi. Annie Maunder fu astrofotografa e collaborò con il marito allo studio delle macchie solari che portarono alla scoperta del minimo di Maunder. Annie Maunder fu una delle tante “donne computer”, ossia coloro addette ad effettuare calcoli (a mano) su tavole fotografiche astronomiche. Le donne infatti venivano spesso impiegate nell’elaborazione dei calcoli in quanto ritenute molto affidabili. La stessa cosa avvenne in tempi più recenti, fra gli anni ’50 e ’60, negli Stati Uniti, dove le donne erano preposte a svolgere i calcoli manuali sulle orbite e traiettorie delle navicelle mandate nello spazio per conto della NASA. Fra le human computer più note si ricorda Katherine Johnson, che partecipò anche alla missione Apollo 11 per l’arrivo sulla Luna. Lei, come gran parte delle sue colleghe human computer, era afroamericana ed è ricordata per essere una delle prime figure afroamericane di grande rilievo in campo scientifico, specialmente in un periodo di forte discriminazione razziale.

 
Creola Katherine Johnson, nata Coleman (White Sulphur Springs26 agosto 1918 – Hampton24 febbraio 2020), è stata una matematicainformatica e fisica statunitense.
 
 
 Rita Levi Montalcini: messaggio ai giovani.

 

In Italia, ricordiamo Maria Montessori, che fu la prima donna medico del sud europeo, divenuta poi famosa per i suoi studi di pedagogia. Ancora, Rita Levi-Montalcini, che ottenne un Premio Nobel per la Medicina a seguito dei suoi studi sull’Alzheimer e il Parkinson. Rita Levi-Montalcini iniziò i suoi studi a Torino ed, essendo di famiglia ebrea, dovette lasciare l’Italia al promulgamento delle leggi razziali. Continuò i suoi studi in Belgio, da cui dovette fuggire a seguito dell’occupazione nazista, e tornò in Italia, continuando la sua attività di ricerca medica in campo neurologico e psichiatrico. Lavorò anche in un ospedale delle forze Alleate e riuscì a sopravvivere alla Seconda Guerra Mondiale. Condusse le sue ricerche fra Stati Uniti e Italia, con numerose scoperte di rilievo per la cura di tumori e malattie neurodegenerative.

Adelasia Cocco Floris (Sassari1885 – Nuoro1983) è stata una medica italiana, la seconda donna sarda laureata in medicina e la prima donna medica condotta d'Italia nel 1914. Fu anche la prima donna in Sardegna a prendere la patente nel 1919.

 

Sempre in campo medico ma stavolta in ambito esplicitamente sardo, troviamo Adelasia Cocco, nata a Sassari, che divenne primo Medico Condotto donna in Italia, dopo aver compiuto gli studi fra Pisa e Sassari. Ottenne il titolo nel 1915 ed esercitò nella zona del Nuorese e della Barbagia, suscitando non poche perplessità e giudizi. Il prefetto di Nuoro si rifiutò di affidarle l’incarico, che Adelasia Cocco ottenne comunque dai consiglieri comunali. Esercitò a Lollove e fu anche la prima donna in Sardegna a prendere la patente. Si impegnò per migliorare l’igiene della popolazione e fece parte dell’Associazione Nazionale Italiana delle Dottoresse in Medicina e Chirurgia.

Margherita Hack racconta la sua straordinaria carriera di astrofisica.

 

In campo astrofisico, troviamo invece Margherita Hack, laureata in Fisica ed in seguito professoressa all’Università di Trieste. Fu la prima donna a dirigere l’Osservatorio Astronomico di Trieste, conferendogli successo internazionale, e collaborò con enti spaziali quali ESA e NASA. È stata divulgatrice di fisica e astrofisico, oltre ad essere molto impegnata nel sociale.

Queste sono solo alcune delle figure di scienziate che sono emerse dall’ombra, con fatica, e che dimostrano come non ci sia nessuna differenza di genere che possa influire su cosa si possa o non si possa fare nella vita. Le uniche differenze sono quelle imposte da una mentalità, società o istituzione, come l’università, che investe più su un genere piuttosto che sull’altro, o che spinge le ragazze a pensare che la carriera scientifica non sia adatta a loro per questioni di genere. È una mentalità che si combatte facendo conoscere quante donne in realtà abbiano raggiunto alti livelli di studio e professionalità in questi campi, e se molte ragazze non si pongono il problema oggi, quando scelgono di continuare gli studi in campi scientifici, è anche perché ce ne sono state altre prima di loro.

 

Fonti e approfondimenti

   Le donne nella scienza

   Statistiche: donne in STEM

   Le facoltà che aprono le porte del lavoro

   Le donne nelle carriere scientifiche

   Un tassello della disparità di genere

   Donne di scienza: Laura Bassi

   Le donne e la scienza

   Donne: Adelasia Cocco

  Donne: Rita Levi-Montalcini

  Donne: Margherita Hack

 

Della stessa autrice leggi anche

   Quindi studi astrologia? a cura di Arianna Manca

   Il metodo scientifico è utile a tutti a cura di Arianna Manca

 

Arianna Manca

 

 

 

Arianna Manca 

 (Iglesias, classe 1994)

2013: Maturità  scientifica presso ITIS Minerario "Asproni", Liceo Scientifico-Tecnologico di Iglesias; 2016: Laurea triennale in Fisica presso l'Università degli studi di Cagliari (UniCa); 2020: Laurea Magistrale in Fisica presso UniCa; 2020: Inizio Corso di dottorato in Astrofisica presso UniCa. Associato presso l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Appassionata di Storia e scrittura creativa.

 

Passi verso l'organizzazione di politiche dal basso

 

 

 

«Il momento del cambiamento è l'unica poesia
Adrienne Rich (1929 – 2012), poetessa, saggista e insegnante statunitense.

 

Nei nostri territori, il sistema di potere dominante ha agito per decenni attuando una consistente azione di compressione delle potenzialità della popolazione, al fine di favorire pochi nell’azione imprenditoriale, disincentivando di fatto la collaborazione, la cooperazione e anche la tanto sbandierata competizione economica, per attuare un approccio corporativo e favorire persone legate tra loro da nepotismo, clientele e patti occulti, a discapito di tutti gli altri: la maggioranza ignara.

È tempo di cambiare prospettiva e di ricostruire gli strumenti di crescita dal basso. Per fare questo bisogna necessariamente ricominciare a costruire dalle fondamenta, quelle fondamenta culturali invisibili ai più proprio perché più profonde. Quelle fondamenta culturali che sono in grado di permettere la costruzione di un vero sistema democratico fondato sulla partecipazione consapevole, attiva e competente.

Per iniziare abbiamo bisogno di semplici elementi:

 

  1. Espandere il ruolo delle biblioteche pubbliche: migliorare l'accoglienza, la qualità degli spazi, ad esempio giardini e spazi coperti per la lettura all'aperto e delle risorse materiali e immateriali.
Le biblioteche dovrebbero essere i templi laici della conoscenza, le dispense del pensiero e dell’azione storicizzata. Oggi possiamo contare su un tale numero e varietà di sorgenti di conoscenza e di sapere come mai nella storia che ci ha preceduti. Possiamo quasi prescindere dall’istruzione universitaria, se non fosse per l'importante funzione di guida sistematica al processo di comprensione (oggi acquisibile, quasi sempre, in modo autonomo, da altre sorgenti di conoscenza), inutile persino per acquisire titoli legati al processo di selezione pubblica, truccato e basato sulle clientele. L'Università è divenuta un arrogante centro di potere non diverso da altri. Per tentare di costruire un nuovo modello di auto-istruzione fondato sulla condivisione e la sperimentazione dei saperi possiamo tentare di muoverci anche in modo autonomo, con grande sforzo e determinazione e soprattutto a tutte le età. Organizzare spazi pubblici per la condivisione di conoscenza e spazi per il lavoro condiviso, faciliterà lo sviluppo e la crescita di idee imprenditoriali fondate sulla cooperazione e la condivisione di esperienze teoriche e pratiche. Il ruolo delle biblioteche potrà espandersi sino a divenire trainante nell’opera di stimolazione della fiducia reciproca tra i giovani delle generazioni presenti e future.
 
Un esempio: le biblioteche di quartiere (Paternò/Catania, 2015)
 
Biblioteche di quartiere al servizio dei cittadini (Piacenza, 2016)
  
  1. Creare strutture fisiche distribuite di condivisione della conoscenza: di quartiere, di condominio, di associazione, abilitando e normalizzando gli spazi di proprietà comunale.

La necessità di spazi di condivisione della conoscenza e di elaborazione, ideazione e progettazione dovrà essere espansa quartiere per quartiere. In passato venivano considerati nuclei auto organizzati i paesi con circa 5000 abitanti, ciò che oggi considereremo un quartiere di un piccolo centro. La dimensione è dettata dalla capacità di relazionarsi e di decidere. Un tempo i quartieri avevano una loro funzione e prendevano importanti decisioni, nella dimensione cittadina, per migliorare la qualità della vita urbana. Il loro ruolo è andato via via affievolendosi a causa del ruolo crescente della televisione, che ha espropriato le relazioni dirette del ruolo di crescita intellettuale basato sulle relazioni. L’isolamento e le divisioni hanno ridotto la possibilità di immaginare scenari e soluzioni per migliorare la propria dimensione quotidiano e sociale. È giunta l’ora di ricostruire le strutture d’incontro a partire da spazi per l’apprendimento come le biblioteche di quartiere e spazi di aggregazione per giovani e anziani, per sperimentare modelli organizzativi autonomi. Anche laboratori di condivisione del lavoro (artigianale, sartoriale, artistico, musicale, di sperimentazione sociale…) dovrebbero espandere il loro ruolo all’interno di un contesto di quartiere, meglio se favorito dall’utilizzo di edifici pubblici inutilizzati e recuperabili da associazioni di quartiere create a questo scopo.   

Repair Café (Roma) 
 
Rusko (Bologna)
 
Lavorare insieme, esporre e vendere (Roma, 2018)

 

  1. Distribuire conoscenza: fondare giornali locali, pubblicare blog collettivi e siti d'informazione locale, siti di auto-apprendimento e buone pratiche, archivi della conoscenza locale e globale, creare reti collaborative tematiche e di auto-aiuto: travasare conoscenze tecniche interdisciplinari di base a tutta la popolazione con seminari pubblici, letture pubbliche, produzioni multimediali (audio, video, report, web...) e qualsiasi altro strumento disponibile.

I moderni mezzi di comunicazione, fondati sull’uso della rete, permettono di acquisire facilmente le conoscenze utili per la creazione di spazi virtuali di condivisione e storicizzazione delle esperienze collettive di una comunità. La condivisione di informazioni, il confronto sereno ed equilibrato, possono favorire la nascita di nuove relazioni fondate sulle competenze e sulle passioni comuni. Rendendo disponibili valutazioni e opinioni qualificate, su questioni territoriali, si aumentano le probabilità che il resto della popolazione possa apprendere e fare propri nuovi modi di ragionare e di immaginare il futuro della propria comunità, influenzando anche i criteri di valutazione politica e la capacità di incidere nel processo decisionale.

Passi da micro impresa a media impresa
 
Idee per spazi di condivisione e relazione (Milano, 2016)
  
  1. Creare "nuove" associazioni culturali "di scopo": essere in grado di ragionare su obiettivi specifici, raggiungibili e gruppi di pressione su "temi specifici" che condividono informazioni in rete.

La capacità di riflessione e di dialogo a livello di quartiere e di prossimità col proprio vicinato, può rinnovare la volontà di migliorare e preservare l’assetto urbanistico a partire dalla cura delle zone verdi e dall’organizzazione e gestione di spazi pubblici di socialità e cooperazione.

Costituire un'associazione: le basi (Padova, 2014)
 
La riforma del terzo settore (2018)

 

  1. Promuovere l'autofinanziamento di microprogetti locali: attraverso la raccolta di fondi (crowd founding) per migliorare la vivibilità dei quartieri e potenziare le strutture fisiche condivise.

Obiettivi minimali, come il ripristino di un’area verde o la realizzazione di orti urbani, possono essere pianificati e messi in atto con l’apporto e la verifica delle amministrazioni che possono favorirle e incentivarle. Ciò porterà lo sviluppo di una cultura rinnovata a favore dei beni pubblici e della responsabilità civile per la loro cura e conservazione. 

Cos'è il crowdfunding? (TED Lecce, 2013)
 
Aiutare il sociale col crowdfunding
 
  
  1. Aumentare la consapevolezza tecnologica e scientifica: abbattere il 'digital divide', ossia le differenze nell’uso e nell’utilizzo della tecnologia, promuovere la formazione e l'autoformazione tecnologica con corsi di formazione pubblici su varie tematiche (scientifiche, tecnologiche e umanistiche) responsabilizzando e coinvolgimento cittadini qualificati in ogni settore.

Creare opportunità di crescita della popolazione attraverso l’illustrazione delle modalità d’utilizzo delle tecnologie dell’informazione, permetterà lo sviluppo di una maggiore autonomia nell’uso delle stesse e abbatterà le barriere intergenerazionali, promuovendo l’interazione e la rigenerazione del dialogo creativo. Favorire il dispiegamento di corsi pubblici tenuti da giovani e competenti docenti del territorio può spalancare nuove prospettive di sviluppo e allargare gli orizzonti dei giovani infondendo loro fiducia nel proprio futuro.

Come la scuola può ridurre il 'digital divide'

 

  1. Creare archivi della "memoria collettiva": storicizzare e rendere disponibili tutte le attività del percorso/processo di creazione del cambiamento, creare archivi storici delle politiche locali per mantenere traccia degli errori e dei successi passati e farne tesoro in un processo continuo di apprendimento collettivo, perfeziona la nostra percezione della nostra storia e lo mette in stretta relazione col nostro patrimonio culturale (paesaggi, archivi, musei, biblioteche, storia, arte, luoghi...) e ci permette di progettare imprese culturali e rendere la cultura economia.

Il patrimonio culturale esistente e la creazione di archivi della memoria collettiva sia essa di quartiere o cittadina è un passo fondamentale per rigenerare la fiducia e creare progetti comuni in grado di coagulare interessi, passioni e competenze sopite. Storicizzare fatti, discussioni e progetti, errori, passi falsi e successi, permette di avere una maggiore fiducia in se stessi e negli altri, permette il miglioramento continuo e riduce la probabilità di compiere sempre gli stessi errori. 

Cosa rappresenta il nostro patrimonio culturale materiale e immateriale
 
Il valore sociale della cultura
  
  1. Diffondere informazioni locali corrette: contribuire costantemente all'arricchimento degli archivi pubblici della conoscenza locale.

Il confronto pubblico e il dialogo scritto focalizzato sulla risoluzione dei problemi e la ricerca delle soluzioni permette di mettere alla prova le nostre opinioni e facilità l’individuazione degli errori e delle conclusioni dalla logica fallace o debole convergendo verso una visione, un’analisi e una sintesi condivisibile da larghi strati della popolazione. La forma scritta facilita la rilettura e il confronto su una solida base di partenza.  

Informazione locale e new media (2011) 

 

  1. Partecipare in modo attivo: contribuire fattivamente agli "scopi" di interesse locale con iniziative e collaborazioni sostanziali.

Rendersi partecipi di un progetto comune, oppure essere messi in condizione di sviluppare un proprio progetto particolare, è un modo creativo di partecipare alla vita del quartiere e della città. Gli spazi di condivisione del lavoro e i possibili laboratori pubblici potrebbero favorire l’ideazione e la progettazione di attività e di eventi, in modo strutturato, efficace ed efficiente.

Cittadinanza digitale e partecipazione politica (2019)
 
  1. Diffondere costantemente il messaggio positivo: favorire la spinta verso un cambiamento possibile a partire dai luoghi di vita e lavoro, a partire dai territori locali verso la creazione di una consapevolezza e una volontà globale.

Ogni cambiamento comincia da ognuno di noi e dalle persone con le quali ci relazioniamo quotidianamente, in famiglia, nel lavoro e tra le persone che frequentiamo per piacere, per caso o per necessità. Avere un approccio positivo e propositivo facilità le relazioni e la nostra capacità di venire a capo dei problemi.

Ottimismo, innovazione, impegno e gioco di squadra
  

Tutto ciò è possibile anche attraverso il Blog collettivo iglesiente https://iglesiente.eu/blog, condividere idee, analisi, soluzioni, esperienze, azioni possibili nel territorio della nostra comunità per migliorarla costantemente e crescere.

N. B. I video suggeriti sono stati selezionati tra decine soltanto per fini esemplificativi, ossia per il contenuto e il messaggio che intendono convogliare, solo casualmente sono riferibili ad associazioni e gruppi politici particolari. Ciò che conta è il messaggio, abbattete il pregiudizio e guardate la Luna e non il dito!

 

Leggi anche 

   Breve introduzione all'innovazione a cura di Mauro Ennas

   La riconversione possibile a cura di Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa

 

Blog collettivo iglesiente

  

Perché NO. La schiavitù dell'energia.

 

 

«Distruggiamo la bellezza del paesaggio perché gli splendori della natura, liberamente disponibili, non hanno alcun valore economico. Saremmo capaci di spegnere il sole e le stelle perché non pagano un dividendo.»

John Maynard Keynes, economista britannico (1883-1946) [Collected Writings, London, 1971-1989, vol. XXI, p.242]

 

È ormai chiaro a tutti che il problema dell'energia, dell'acqua e delle risorse materiali sarà il vero problema del nostro secolo XXI. In queste brevi note cerchiamo di elencare i pro e i contro   delle forme di energia che vengono proposte alle comunità per risolvere i problemi energetici dovuti alla prevista futura scarsità del petrolio.

Ricordiamo che il costo del petrolio è salito negli ultimi anni in modo incredibile (vedi il   grafico relativo al periodo 1861-2007 e 2000-2019). Il reperimento di giacimenti di petrolio ha dei costi enormi se si pensa alle perforazioni sempre più profonde e alle guerre fatte in suo nome, oltre che ai danni ambientali. Il potere reale del mondo, nelle mani dei detentori del capitale e dei petrolieri, è a un punto di svolta. Le condizioni attuali non potranno reggere, nei prossimi decenni, se non si interviene con piani strategici tempestivi per la riorganizzazione delle democrazie capitaliste occidentali e del giovane capitalismo cinese; per fortuna molte economie emergenti si stanno adoperando per una svolta: Brasile e India in testa. Molti economisti avevano previsto questo ma ora non sono più sufficienti i "... l'avevo detto!" ma soluzioni e metodi per riorganizzare e distribuire in modo organico, efficace ed efficiente le risorse e le ricchezza derivanti dalla gestione dell'energia.

 
 
Variazione del prezzo del petrolio (1861-2007 e 2000-2019). 

 

Questa sfida non è esclusivamente economica ma è la vera sfida di ogni democrazia capitalista riformata. Nel nuovo capitalismo parte dei profitti dovrebbero essere reinvestiti per risarcire i danni ambientali e sociali che ha fin qui indotto il processo di creazione del profitto del capitalismo piratesco. Ogni democrazia matura non può più tollerare l'accumulo senza limiti del capitale a danno delle comunità e delle generazioni future, ciò significherebbe tornare indietro in un passato di schiavitù e oppressione..

Chi sostiene il nucleare lo fa per motivi economici di una ristretta lobby e non per il bene comune. Chiunque abbia fiducia nel progresso vuole che le ricerche nel settore nucleare continuino ancora, ed è per questo che ogni nazione dovrebbe investire delle cifre contenute per continuare la ricerca scientifica, magari progettando seriamente i depositi di scorie o immaginando altre soluzioni per ora costose ma che in futuro potrebbero essere attuate efficacemente. Ciò non toglie che la tecnologia nucleare non sia matura, perché il livello di civiltà, sensibilità e attenzione è poco sviluppata negli attuali detentori del potere economico che sono stati educati al solo profitto, al di sopra di ogni altro valore di civiltà e progresso.

Ecco perché, se dei danni sono stati previsti perché possibili, questi ci saranno sicuramente in quanto i profitti individuali saranno massimizzati a discapito della collettività e delle generazioni future, riducendo i costi di gestione e aumentando i costi   ambientali; non possiamo permetterci il  rischio che dei rifiuti altamente pericolosi possano essere gestiti attraverso organizzazioni criminali e politiche senza scrupoli che non hanno rispetto alcuno per la vita umana né per le generazioni future. E non stiamo chiamando in causa i possibili disastri futuri sul modello di quelli prodotti in anni recenti, vedasi al solo titolo di esempio i disastri di Fukushima (Giappone) e Černobyl' (Russia) oppure lo storico incidente di Three Mile Island (Stati Uniti).

 
Tempi di decadimento delle maggiori sorgenti radioattive (uranio, plutonio, torio): da centinaia a migliaia di anni per raggiungere la radioattività naturale a partire dai prodotti di fissione dopo il trattamento nella centrale nucleare (fonte Wikipedia, Wiki commons).

 

I motivi principali per i quali la scelta nucleare non è conveniente sono i seguenti:

  • I tempi di decadimento delle scorie radioattive (vedi grafico poco sopra) sono elevatissimi (>1000 anni), e anche se c'è chi sostiene che le centrali a Torio producono scorie con decadimenti più rapidi, siamo sempre nell'ordine delle migliaia di anni per ritornare ai livelli di radioattività naturale (prima del trattamento).
  • I costi di realizzazione di depositi di scorie è molto alto ed inoltre non è possibile garantire totalmente la loro sicurezza (nel   2008 gli Stati Uniti   hanno abbandonato il progetto Yucca Mountain nuclear waste repository costato oltre 7 miliardi di dollari).
  • Lo stoccaggio dei rifiuti ha dei costi elevatissimi e sono costi perpetui (affitto), sino ad ora tenuti nascosti dai governi.
  • I costi per la sicurezza strutturale degli impianti sono elevati (anti-sismici, anti-impatto aereo)
  • I costi per la sicurezza degli impianti a regime sono elevati (radioactivity hazard, anti-terrorismo).
  • I   tempi (5-10 anni) e i costi di progetto e realizzazione sono elevatissimi e sopportabili solo da stati e grosse multinazionali.
  • I costi di smantellamento e di recupero ambientale e sociale sono elevatissimi.
  • La vita media di una centrale (20-30 anni) è basso rispetto all'investimento elevato.
  • I   costi dei combustibili nucleari (prevalentemente uranio e torio) sono elevati vista la scarsità e non abbiamo nessuna certezza sui loro costi in futuro.
  • Visti gli elevati costi di start-up, di gestione e di smantellamento, l'energia nucleare è in mano a poche lobby di potere che si comporterebbero da monopolisti come è avvenuto per il petrolio.
  • I pericoli per la salute delle persone che abitano nel raggio di 5Km da una centrale nucleare sono gravi e documentati.
  • Pericoli di salute costanti per i lavoratori della centrale.
  • I pericoli potenziali per le generazioni future sono altissimi e i costi sociali inestimabili.

Sino ad oggi sono state rilevate contaminazioni di terra, acqua e aria documentate e pubblicate su riviste scientifiche [vedi riferimenti in fondo].

D'altro canto le energie rinnovabili, le cui tecnologie sono in continua espansione e miglioramento permettono di essere ottimisti per il futuro energetico. Infatti le fonti rinnovabili sono inesauribili perché legate ai tempi di vita del Sole (milioni di   anni). Le fonti   rinnovabili sono il   solare   nelle sue varie   forme (fotovoltaico, termodinamico e termico) e l'eolico.

"Limitatamente all'uso dell'energia eolica come fonte di energia elettrica, tra il 2000 e il 2006 la capacità mondiale installata è quadruplicata. Nel 2005 la nuova potenza installata è stata di 11.000 MW (megawatt), nel 2006 di 15.000 e nel 2007 di 20.000 MW. Nonostante la crisi economica, il 2008 è stato un anno record per l'energia eolica, con oltre 27.000 megawatt di nuova potenza installata in tutto il mondo. Da allora una grande crescita esponenziale ha portato ad avere già alla fine del 2008 una potenza cumulata totale di oltre 120 GW (gigawatt), producendo elettricità pari ad oltre l'1,5% del fabbisogno mondiale di energia." (Wikipedia)

"La serra fotovoltaica più grande al mondo si trova nel comune di Villasor (Sud Sardegna). Su una superficie di 27 ettari, dotata di 84000 pannelli in un solo campo solare e 134 serre, produce 20 MW. La centrale verde è stata realizzata con un investimento di 70 M€ dall'azienda indiana Mbcel in collaborazione con l'americana General Electric." (Wikipedia).  Come spesso accade, è stata impiantata senza il rispetto delle norme e con fini finanziari e ambientali speculativi, per questo è stata posta sotto sequestro nel luglio del 2015.

Un record di produzione da fotovoltaico è stato raggiunto nel 2014 dalla "Topaz Solar Farm" a San Luis ObispoCalifornia, pari a 550 MW di potenza elettrica: in grado di produrre 1053,37 GWh di energia elettrica nel 2014.

Energia disponibile in Italia (comparazione 2016 e 2017).

 

Tra le fonti alternative vi sono l'idroelettrico e le fonti geotermiche, i bio-combustibili vegetali (colza, mais, barbabietola, jatropha, alghe), i bio-gas (da bio-massa: fermentazione di rifiuti organici) e gli oli esausti; altre fonti sono quelle delle maree oltre alle tecnologie basate sull'idrogeno già disponibili ma non ancora diffuse. La fusione nucleare sta avanzando lentamente con un grandissimo sforzo internazionale. Tutte aspirano alla realizzazione della sostenibilità economica e alla compatibilità ambientale.

  • Le fonti rinnovabili si basano su una tecnologia semplice ed efficace, la cui efficienza è crescente.
  • Attualmente si possono costruire centrali solari da centinaia di milioni di watt: centrali con concentratori a specchi parabolici o a torre solare da 200MW e oltre!
  • Attualmente si possono costruire generatori elettrici eolici ciascuno dei quali può generare potenze maggiori di 7MW (il record di produzione eolica 2021 è di 13 MW per una singola turbina).
  • L'energia rinnovabile non ha bisogno di energia esterna per innescare la produzione di corrente elettrica ma solo di celle fotovoltaiche, concentratori e inverter oppure di efficienti motori elettrici che sono elementi tecnologici alla portata di tutte le aziende piccole, medie e grandi e quindi non c'è pericolo di creazione di monopoli.
  • I costo delle centrali è limitato ed ammortabile in 20 anni e anche meno.
  • I costi di gestione e manutenzione sono bassissimi e alla portata di singole famiglie e di piccole comunità.
  • I costi di sicurezza e di smantellamento bassi e anch'essi alla portata di singoli e piccole comunità.
  • I danni   ambientali sono limitatissimi e recuperabili facilmente   (occupazione di suolo   orizzontale e verticale).
  • Non vi sono danni per la salute e pericoli per i lavoratori.
  • Elevate possibilità di occupazione perenni (fino a che c'è bisogno di energia).
  • Migliori tassi di miglioramento delle performance, in termini di efficienza, tra le fonti di energia.

Tra le tecnologie che hanno permesso di ridurre i costi del fotovoltaico sono le vernici attive, le microstrutture fotovoltaiche a film sottile, le tegole attive e modulari, i concentratori a specchio. In futuro ci saranno dei concentratori a nano antenna, che potranno   incrementare di uno o due ordini di grandezza (10-100) l'efficienza di cattura dei raggi solari.

La fusione nucleare (Wikipedia)
 
Il progetto ITER (EUROFusion, Reattore a fusione)

 

Il quadro non è completo e lo sviluppo tecnologico è continuo. La svolta è già in atto ma deve essere attuata con efficienza: il rischio dell'opzione nucleare a fissione è ancora in agguato a causa delle spinte politiche delle lobby che vogliono il monopolio dell'energia.

 

Risorse di rete

  • Intervento del fisico Gianni Mattioli sulla scelta nucleare in Italia (5 parti).
  • Raccomandazioni 2007 della   Commissine Internazionale per   la Protezione Radiologica   (ICRP 103, tradotto dall'originale inglese "The 2007 Recommendations of the International Commission on Radiological Protection" - Annals of the ICRP Volume 37/2-4, 2008) [documento citato da Mattioli].
  • Presa diretta: Sole, vento e alberi: guarda l'inchiesta completa (RaiPlay).
  • Esiste un'interessante inchiesta de "La 7 EXIT: ritorno al nucleare e la truffa dell'eolico" (puntata integrale, 27 maggio 2008).
  • Presa Diretta su RaiPlay: Nucleare; guarda l'inchiesta sul sito rai (versione integrale).
  • Report su RaiPlay: Girano le pale (28 novembre 2010).

 

Leggi

   Passi verso l'organizzazione di politiche dal basso a cura di Mauro Ennas

   Breve introduzione all'innovazione e ai suoi strumenti cura di Mauro Ennas

   La riconversione possibile a cura di Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa

   Carta dell'autosviluppo eco-solidale a cura della Rete delle associazioni

   La riconversione RWM: metodo e proposte a cura di Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa

 

Blog collettivo iglesiente

  

Breve introduzione all'innovazione...

 

appropriazione (ap-pro-pria-zió-ne) s.f. ~ La presa di possesso di una cosa appartenente ad altri con l'animo di farla propria; [...] _ Dal lat. tardo appropriatio -onis, , der. appropriare 'appropriare’ || 1280 ca. [Devolo-Oli, Vocabolario della lingua italiana, 2008].

appropriare, v. tr. 'fare proprio, ritenere proprio' (1305-06, Giordano Quar.) _ appropriabile, agg. ' detto di cosa di cui ci si può appropriare ' (1865 TB) [...] [DELI, Dizionario etimologico, 2004]

 

Appropriabilità e uguaglianza

Nel modello di laissez faire nel quale ciò che conta è l'eguaglianza formale dei cittadini di fronte a regole generali e impersonali (astratte), la massimizzazione del benessere sociale si può ottenere mediante l'acquisizione e la trasformazione di risorse ottenute attraverso criteri di giustizia distributiva ossia organizzati e gestiti a partire da una corretta definizione del diritto di proprietà e delle regole che governano il loro trasferimento tra individui e gruppi. 

Il concetto cardine di giustizia, nella sua dimensione distributiva e in un suo aspetto che preme qui sottolineare (ossia la limitazione delle concentrazioni estreme di capitale), enfatizza la necessità primaria di uguaglianza nei meccanismi di appropriazione delle risorse nel rispetto delle regole e nell'attribuzione delle sanzioni, fondamento dello stato di diritto ed elemento di valorizzazione e potenziamento della libertà di azione nell'acquisizione e trasformazione di risorse materiali e immateriali e nella sua promozione e diffusione nel contesto sociale generale.

La variante liberale classica dell'approccio del laissez faire prevede la presenza di una rete di protezione (safety net) per coloro che non sono in grado di entrare attivamente nel sistema che ruota attorno ai valori/disvalori del mercato. Si riconosce una certa inadeguatezza dei meccanismi di regolazione del mercato, non nel senso che il mercato non sia in grado di svolgere il proprio compito (ossia garantire un livello sufficiente di reddito a coloro che sono presenti sul mercato stesso), quanto piuttosto nel fatto che non riesca a rimediare o a mitigare la condizione di coloro che non possono accedere al mercato o che da esso vengono esclusi a causa di eventi che a volte prescindono dalla loro volontà o capacità di gestire gli eventi economici e i difetti o gli squilibri informativi che caratterizzano a pieno la società globalizzata, ovvero necessitano di vie di fuga o di una prospettiva di tipo assicurativo che ammortizzi o stabilizzi la caduta ai margini del sistema.

Nella variante più estrema di questo approccio che indico come "liberal-conservatore", quella del super capitalismo d'assalto per intenderci, nella quale non c'è spazio per alcun tipo di ridistribuzione dal momento che si ritiene possa incidere negativamente sia sul sistema di "bilanciamento" delle libertà individuali, tra le quali assume particolare rilievo la libertà economica che deve essere tutelata prioritariamente per garantire l'esistenza stessa del sistema, sia sulla produzione della ricchezza, in quanto altera l'efficiente funzionamento del mercato (in termini di generica generazione di ricchezza) così da peggiorare in ultima analisi la condizione di chi intendeva tutelare. Questo "atteggiamento economico" determina e promuove, nella realtà dei fatti, uno squilibrio con caratteristiche di oligopolio ed estremismi monopolistici che inficia l'assetto formale a fondamento di una qualsivoglia giustizia distributiva.

In tutte le “visioni” ciò che conta è la distribuzione delle risorse, secondo criteri fissati ex ante, determinata dal sistema dei diritti di proprietà di fronte ai quali si presuppone una perfetta eguaglianza degli individui che nella realtà è raramente verificata. In particolare, la ridistribuzione fa riferimento al grado e all'estensione dell'appropriabilità dei frutti che vengono ricavati dall'utilizzo delle suddette risorse una volta attribuite ad un soggetto.

In questo contesto agiscono entità distinte e in competizione tra loro per l'appropriazione di risorse materiali e immateriali, regolate al fine di raggiungere un compromesso utile alla società, in grado cioè di massimizzare le esternalità positive e contemporaneamente garantire il ritorno della rendita in modo equilibrato ed armonico, ossia nel mantenimento degli equilibri economico-sociali.
Il rischio è rappresentato dalle due prospettive opposte di estrema concentrazione e di dispersione del capitale. La concentrazione in mano a pochi decisori monolitici e cooperanti piega il mercato alle loro volontà e ne deteriora la naturale caratteristica di autoregolazione, producendo distorsioni di vaste dimensioni e su vasta scala non facilmente prevedibili per entità ed effetti: tali effetti possono produrre sul sistema economico-sociale turbolenze che scuotono il sistema alle fondamenta e che possono anche mettere a rischio gli "assetti democratici"; dall'altra parte l'eccessiva distribuzione appiattisce gli assetti e impedisce che si formino degli addensamenti di capitale di dimensione tale che possano alimentare il processo di investimento con i suoi rendimenti positivi e le sue esternalità.
 
Il processo di appropriazione s'inserisce in questa delicata cornice concettuale e gli strumenti di appropriazione e le sue metriche regolano la lotta per garantire equità e giustizia nei processi d'innovazione e di commercializzazione di prodotti tra le imprese nel mercato.
 
Ricombinare le idee
 
Innovazione di un prodotto tipico: il parmigiano 

 

L'utilità sociale dell'attività innovativa

Può l'innovazione influenzare il livello sociale corrente in modo da produrre degli effetti di ottimalità espressi "in qualche senso"? Oppure, in altri termini, può l'agire innovativo, promosso, tutelato e regolato, produrre una cultura dell'innovazione in grado di essere essa stessa, come bagaglio di conoscenze acquisite condivise, "alimento" del processo di miglioramento socioeconomico di una intera comunità? Può un processo di questo tipo influire potentemente sul mutamento del senso comune che tutti attendono da oltre due secoli, che consiste nel colmare l'enorme gap conoscitivo che si è creato tra il "senso comune" e i luoghi del sapere istituzionalizzato e non? Non è forse questa la chiave per uno sviluppo consapevole, nel quale l'innovazione svolge l'importante ruolo di guida sul fronte d'onda dell'acquisizione di nuovi saperi/tecniche/esperienze e le necessità crescenti dei popoli? 

La soggettività con la quale possono essere creati i criteri di ottimalità non ci conforta né ci fa essere ottimisti rispetto ai tempi di soluzione di queste problematiche nella direzione che abbiamo indicato. Se, come spesso accade, fissassimo tali criteri nell'ottica del mercato individuando l'ottimo sociale come il "massimo surplus dei consumatori" (la differenza positiva fra il prezzo che un individuo è disposto a pagare per ricevere un determinato bene o servizio e il prezzo di mercato dello stesso bene) sappiamo che questo avrebbe effetti benefici in un mercato perfettamente concorrenziale. In questo caso ideale sarebbe necessario che le imprese fossero in grado di esprimere un tasso di attività innovativa elevato tale da introdurre tutte le possibili innovazioni che lo stato delle conoscenze tecnologiche effettive o potenziali possono produrre. Ma questo è un caso ideale lontano dalla realtà. E se l'ottica del mercato non è sufficiente, allora qual è il costo che si dovrebbe pagare per iniziare a pensare ad una prospettiva a lungo termine basata su criteri di ottimalità socioeconomica da innovazione?

In che modo l'intervento di uno Stato che favorisce l'innovazione si vedrebbe remunerato, in termini socioeconomici misurabili, un suo impegno a lungo termine? 

Le strategie a lungo termine hanno bisogno di attente analisi costi benefici, tanto attente da limitare al minimo le possibilità d'intrapresa di percorsi rischiosi o al peggio fallimentari in un mercato globalizzato in cui una massa di competitori senza regole impone i suoi disvalori accentuando sempre più le possibili cause di regresso.

Cos'è un brevetto

 

Brevetti e brevettabilità

Le attività intellettuali in campo tecnologico vengono tutelate dagli Stati con la concessione di un titolo garante, il brevetto: ciò che garantisce è la proprietà intellettuale dell'invenzione all'inventore. I brevetti sono validi solo per un periodo di tempo limitato generalmente a 20 anni a partire dalla data in cui viene fatta richiesta. Il brevetto è quindi un titolo per mezzo del quale lo Stato concede un monopolio temporaneo di sfruttamento dell'invenzione, oggetto del brevetto stesso, consistente nel diritto esclusivo di realizzare l'invenzione brevettata o di farla realizzare ad altri. Il titolare del brevetto, infatti, può impedire che un terzo utilizzi o sfrutti l'invenzione e può, iniziare azioni giudiziarie, a tal fine, nonché ottenere un indennizzo per eventuali violazioni (infringement).

La finalità del sistema dei brevetti è quella di fornire alle imprese (e ovviamente anche ai singoli inventori individuali) incentivi per correre dei rischi che l'attività di ricerca e l'attività innovativa comportano. L'impresa può fare profitti grazie al brevetto in due modi:

  1. vengono realizzati profitti monopolistici dalla vendita del prodotto, in quanto l'imitazione da parte dei concorrenti è impedita dalla legge;
  2. vengono realizzati profitti concedendo il brevetto in licenza a terzi contro il pagamento di royalty oppure vendendolo. In questo modo l'impresa vende direttamente tecnologie non incorporate in prodotti, partecipando al cosiddetto mercato delle tecnologie (market for technologies).

Nella moderna economia basata sulla conoscenza, il mercato delle tecnologie (non incorporate in beni, ma nella forma di beni intangibili) ha acquistato un ruolo crescente, di pari passo con la separazione in fasi distinte della catena del valore. Il brevetto, convertendo le invenzioni in proprietà intellettuale codificata, rende più facile la commercializzazione delle tecnologie inventate (ne aumenta la capacità di penetrazione).

Nell'ottica transazionale ciò sostanzialmente equivale ad affermare che i brevetti riducono i costi di transazione nel mercato delle tecnologie. In tale contesto, inoltre, i brevetti sono sempre più frequentemente usati dalle imprese:

  1. per scambi di proprietà intellettuale con altri imprese. In questo caso il beneficio procurato dal brevetto consiste nell'accesso alla conoscenza di proprietà di altre imprese.
  2. per difendersi dagli attacchi di concorrenti, che in un regime di forte sostegno da parte dei tribunali dei detentori dei diritti di proprietà intellettuale, strategicamente accusano i concorrenti (con deboli portafogli di brevetti) di violazione dei propri brevetti (come nel caso dell'industria dei semiconduttori).

Infine, i portafogli di brevetti sono utili:

  • come mezzo di valorizzazione ossia come strumento per migliorare il valore e l'immagine dell'azienda e nei confronti dei venture capitalist, delle banche e anche di altre imprese, in vista di eventuali accordi (come accade nella cessione di un'impresa).

Ciò vale soprattutto per piccole imprese start-up. Si parla anche di una funzione di segnalazione (signalling function) per indicare che i brevetti più che valere di per sé segnalano ai venture capitalist o ai clienti o ad atri soggetti del mercato che l'impresa dispone di capacità tecnologiche che valorizzano l'impresa.

Nei settori high-tech ciò che conta è la capacità di innovare in futuro ossia la qualità dei team di ricerca/progetto quantificabile tramite il portafoglio brevetti. Il brevetto teoricamente dovrebbe essere rilasciato all'inventore, ma nella pratica gli scienziati e i tecnici che lavorano come dipendenti di imprese cedono i diritti sull'invenzione compiuta all'impresa che li impiega (ossia cedono la titolarità del brevetto all'impresa). L'impresa finanzia l'attività di ricerca, i laboratori e la strumentazione necessari per svolgerla, correndo quindi i rischi insiti in tale allocazione delle risorse, gli inventori hanno tuttavia diritto al riconoscimento morale della propria opera, e ciò viene garantito in quanto nei brevetti sono riportati i nomi delle persone (una o più) che sono stati gli autori dell'invenzione. Esistono anche altre forme di tutela della proprietà intellettuale tra le quali in Italia ricordiamo il codice industriale (per il design) e i marchi e i diritti d'autore (copyright) usati soprattutto per le opere letterarie, ma anche per il software.

Per la legislazione italiana sui brevetti per invenzione e per la "Convenzione sul Brevetto Europeo" la tutela giuridica del brevetto è subordinata alla presenza, nell'invenzione, dei cosiddetti "requisiti di brevettabilità". Infatti, non ogni invenzione può dare diritto allo sfruttamento esclusivo, ma solo quelle che apportino al progresso tecnologico un contributo ritenuto dall'ordinamento così significativo da giustificare il privilegio monopolistico. Questa regola è fondamentale a livello internazionale ed implica che per essere brevettabili le invenzioni devono soddisfare i seguenti requisiti:

Argomento (Subject matter): per essere brevettabile, un'invenzione deve riguardare certi campi di conoscenza, ossia può caratterizzarsi approssimativamente nel campo "tecnologico”. La legge è più specifica e varia abbastanza attraverso le giurisdizioni. Creazioni estetiche, leggi di natura e le idee astratte sono escluse in tutte le giurisdizioni. Il software è brevettabile negli Stati Uniti, come lo sono i business method (procedure di business). La pratica in questi due campi è più restrittiva in Giappone ed anche più in Europa (che esclude la brevettabilità del software).

Novità (Novelty): essa consiste nell'assoluta mancanza di divulgazione dell'invenzione (escludendo persone legate al vincolo di riservatezza), ovvero deve presentarsi come qualcosa che si aggiunge al patrimonio conoscitivo comune. La novità deve essere dimostrabile.

Originalità o novità intrinseca (Non-obviousness/Inventive step): l'invenzione deve implicare "attività inventiva" ossia se per una persona esperta del ramo essa non risulti evidente dallo stato della tecnica. In altri termini, l'idea inventiva deve concretarsi in qualcosa che prima non esisteva, né era facilmente adattabile e che non sia deducibile in base alla semplice competenza scientifica e tecnica.

Industrialità (Industrial applicability): l'invenzione deve essere suscettibile di applicazione industriale. È irrilevante sia la realizzazione effettiva dell'utilizzazione, sia la convenienza o utilità tecnica ed economica del trovato brevettabile, ma conta solo l'effettiva traducibilità della novità in una concreta applicazione. Le idee teoriche non sono quindi brevettabili e nemmeno le idee generiche su un possibile prodotto.

Vengono pertanto esclusi dalla possibilità di valida brevettazione come invenzioni perché non soddisfacenti al requisito dell'industrialità:

  • una scoperta, una teoria scientifica, un metodo matematico;
  • un'opera letteraria, teatrale, musicale o artistica o qualsiasi altra creazione estetica;
  • un metodo per l'esecuzione di un atto mentale, un gioco o un metodo di fare affari;
  • un programma informatico;
  • la presentazione di informazioni;
  • la scoperta di un fenomeno naturale.

Infine, la domanda di brevetto deve contenere:

  • una precisa descrizione dell'invenzione, tale che consenta allo scadere del brevetto la riproduzione della novità trovata da parte di terzi imitatori. La descrizione comprende la definizione dello scopo dell'invenzione, dei possibili utilizzi, informazione su come si realizza l'invenzione (processi, formulazioni, dosaggi, metodi d'uso), esempi e figure. È questo il requisito formale tradotto nella così detta sufficienza della descrizione.
  • le rivendicazioni (claim), che definiscono esattamente il perimetro dei diritti di proprietà.

Per ottenere il brevetto bisogna presentare la domanda ad un ufficio dei brevetti nazionale. Se quindi un'impresa italiana desidera proteggere un'invenzione dagli imitatori non solo in Italia, ma anche in un'altra nazione (poniamo extraeuropee, a breve dovrebbe essere approvata una direttiva europea che semplifica l'azione delle imprese che intendono brevettare negli stati membri) dopo aver fatto richiesta all'Ufficio Italiano dei Brevetti e Marchi deve inoltrare una seconda richiesta (application) all'ufficio dei brevetti, ad esempio, statunitense (USPTO, United States Patents and Trademarks Office). L'estensione internazionale può essere fatta nei paesi europei attraverso il European Patent Office (EPO), il quale verifica la presenza dei requisiti di brevettabilità. La decisione del momento in cui brevettare è critica per un'impresa. I ricercatori/tecnici autori dell'invenzione brevettano in grande fretta (se non hanno deciso di applicare altre tecniche di protezione come la segretezza), perché sono direttamente interessanti alla pubblico riconoscimento del loro contributo e intendono avvantaggiarsi rispetto ai concorrenti e potenziali futuri partner. Inoltre dopo il deposito della domanda di brevetto possono anche pubblicare i loro risultati sapendo che comunque lo sfruttamento dell'invenzione brevettata li proteggerà in caso di imitazione. In altri casi all'impresa può convenire una strategia diversa, aspettare prima di offrire informazioni che possono essere utili ai concorrenti e per realizzare gli investimenti che consentono di avviare la produzione, per sfruttare al massimo gli anni in cui il brevetto ha valore; talvolta aspettare può comportare il rischio di vedersi anticipati sul mercato, in modo del tutto legale, o all'ufficio brevetti da un'impresa concorrente.

In casi come quello relativo alla brevettazione del software, si evidenziano tendenze aggressive e di ingordigia giustificata dall'ampio successo mondiale e mediatico di società di sviluppo software e dai loro enormi profitti (si pensi solo a Microsoft come esempio eclatante) ma ingiustificata dal punto di vista dell'evoluzione e dell'innovazione tecnologica Il trend dello sviluppo tecnologico nel settore ICT è in costante crescita e non mostra, per ora, dipendenze cicliche, creare meccanismi di brevettazione delle procedure (listati) e degli algoritmi potrebbe avere effetti devastanti sull'evoluzione tecnologica legale e sposterebbe le energie dei paesi sviluppati sui contenziosi piuttosto che sull'ottimizzazione dei processi d'innovazione, come ampiamente documentato nel caso americano.

Quest'ottica devastante che vede in pochissime grosse lobby uno spirito accentratore atto a divorare e trattenere nel suo ventre tutta la conoscenza possibile, ci fa riflettere sugli effetti reali che meccanismi di appropriazione hanno o possono avere sulla nostra società. La concentrazione di brevetti anche come arma di dissuasione della concorrenza (acquisisco o registro un brevetto solo perché una terza parte non la utilizzi o debba pagare per ottenere licenze d'uso) può avere senso in un mercato regolato nel quale anche la dimensione (portafoglio delle licenze) non sia illimitato. Ragionando in un'ottica contraria a quanto appena espresso si può pensare di arrivare ad una situazione tendente allo stallo ossia ad un monopolio totale della conoscenza codificata, una tirannide, un'età buia che nessuna distopia ci ha ancora raccontato e che, con gli esempi attuali di concentrazione di capitali, non abbiamo difficoltà ad ipotizzare.

Il valore dell'innovazione risiede nell'idea innovativa, ovvero nella conoscenza accumulata e sublimata dell'attività di ricerca oltre che nella cultura e nell'intuito delle persone attive nella ricerca di soluzioni innovative, in grado di riconoscere la novità e la possibilità di introdurre novità anche se lontana dalla soluzione cercata (serendipity, caso 3M). Attribuire all'innovazione una connotazione di informazione pura presuppone che possa essere considerato un bene pubblico. Ciò contiene in se il concetto di non rivalità ossia ad un tipo di bene la cui proprietà di utilizzo da parte di qualcuno non escluda gli altri dall'utilizzo. L'informazione pura e la conoscenza scientifica codificata godono di tale proprietà.

Risulta evidente che l'innovazione svelata perde il suo valore economico per lo scopritore se non tutelata opportunamente, ma a fronte di ciò, moltiplica le opportunità per tutti coloro che sono in grado di sfruttarne le potenzialità. In altri termini, più si è investito per realizzare una certa innovazione, maggiori sono i rischi corsi dall'azienda nel processo innovativo, maggiori sono le richieste di tutela a fronte del rischio, per lo sfruttamento economico dell'innovazione in modo da permettere che il rischio non sovrasti l'azione innovativa e possa essere sostenibile. Nessuna tutela ridurrebbe la propensione al rischio in quanto ridurrebbe il potenziale ritorno degli investimenti delle imprese. Il delicato equilibrio di norme, tutele e vincoli che deve soddisfare gli attori del mercato e l'ambiente socioeconomico nel quale si muovono sono gli elementi chiave per una corretta, proficua ed equa regolamentazione del sistema.
 
 
Depositare marchi e brevetti

 

Ricerche di marketing

Il marketing è il ramo dell'economia che si occupa dello studio descrittivo del mercato e dell'analisi dell'interazione del mercato e dei suoi utilizzatori con l'impresa. Marketing significa letteralmente "piazzare sul mercato" e comprende quindi tutte le azioni aziendali riferibili al mercato destinate alla vendita di prodotti, avendo come fine il maggiore profitto.

Si distinguono quattro strategie di approccio al mercato da parte dell'impresa (Philip Kotler, Marketing management, 2007):

  • orientamento alla produzione: caratterizzato da un eccesso di offerta rispetto alla domanda;
  • orientamento al prodotto: ci si concentra più su quest'ultimo che sul consumatore;
  • orientamento alle vendite: si cerca di vendere tutto ciò che si produce senza porre particolare attenzione alle esigenze del consumatore;
  • orientamento al marketing: l'approccio più recente, dove si parte dai bisogni del cliente per poi cercare di produrre un bene o un servizio che li soddisfi.

Quando si parla di strategia s'intende l'insieme delle iniziative che consentono all'impresa di primeggiare nel confronto competitivo. Partendo dal presupposto che il successo di una strategia si misura in base al raggiungimento o meno degli obiettivi preposti secondo un'analisi che considera come elementi fondanti:

  • l'importanza degli obiettivi,
  • la segmentazione del mercato,
  • la scelta del vantaggio competitivo da raggiungere,
  • l'analisi del posizionamento e l'applicazione del marketing mix.

Le ricerche di marketing permettono di ottimizzare gli investimenti al fine di massimizzare il ritorno dell'investimento, tramite l'analisi di possibili scenari orientata alle selezione di decisioni strategiche. Le fonti del vantaggio competitivo dell'azienda risiedono nel suo patrimonio di risorse e competenze ed in particolare quelle che godono dei seguenti attributi:

  • scarsità,
  • difendibilità,
  • appropriabilità,
  • economicità.

Queste caratteristiche convergono verso il consolidamento del vantaggio competitivo a medio e lungo termine. La gestione della conoscenza aziendale (company knowledge management) è uno degli obiettivi cruciali in ambito competitivo. La conoscenza è un patrimonio generato con un grande dispendio di risorse materiali e temporali e, per questo motivo un bene intangibile di importanza strategica per l'azienda. Le ricerche di marketing si inseriscono in questo contesto aziendale, come solido armamentario, per la generazione di output strategici di primaria importanza, per la creazione di efficaci decisioni aziendali a partire dai dati provenienti dalle conoscenze consolidate dell'azienda stessa. Queste tecniche permettono di coniugare la visione soggettiva del management con i "dati di fatto" oggettivi, su base temporale storicizzata o su campionamenti sporadici mediante interviste/questionari. L'azienda orientata al mercato, con la sua cultura, le sue risorse e competenze, i suoi sistemi operativi e informativi, con il suo comportamento organizzativo consolidato, si pone come modello in competizione con altri modelli all'interno dell'arena competitiva rappresentata dal mercato di riferimento. Tale arena ha elevate dinamiche basate sul comportamento dei competitori diretti e degli utilizzatori/clienti del mercato stesso. Le modalità di acquisto e l'approccio psicologico al consumo caratterizzano in larga misura le decisioni strategiche di un'azienda al pari del comportamento strategico dei competitori che, nei moderni mercati, seguono comportamenti tipici da precursore o da inseguitore dell'innovazione. Per realizzare analisi di mercato nell'ambito più vasto delle ricerche di marketing è necessario avere un sistema informativo ricco di dati provenienti da precedenti attività di marketing intelligence o da sistemi di rilevazione aziendale su fonti informative interne, oppure da ricerche ad hoc o da fonti istituzionali esterne all'azienda. I dati sottoposti ad analisi sono tra i più vari e possono riguardare aziende o brand in competizione, clienti, prodotti e servizi.

Per quanto riguarda l'analisi dei dati dei clienti, ad esempio, generalmente si concentrano su alcuni aspetti cruciali quali:

  • l'esistenza sul mercato di nuovi clienti o clienti potenziali,
  • l'evoluzione dei clienti attuali,
  • l'emergere di bisogni o comportamenti nuovi,
  • l'entrata di nuovi concorrenti nel mercato o la minaccia di entrata di concorrenti potenziali,
  • l'evoluzione dei concorrenti attuali.

Stabilito il target dell'analisi, è necessario raccogliere i dati che spesso devono essere ridotti e organizzati, e ciò è in stretta relazione con l'ambito interpretativo che s'intende adottare e con l'ambito analitico e decisionale di marketing dell'oggetto della specifica ricerca in atto. Nelle seguenti pagine ci si concentra su alcune tecniche di classificazione utilizzate nelle ricerche di marketing allo scopo di evidenziare le tematiche fondamentali dei vari metodi con un approccio comparativo, ossia orientato alla ricerca di legami e dissonanze tra i metodi che permettano di focalizzare gli strumenti sugli specifici oggetti dell'indagine. In particolare si concentrerà l'attenzione sulla segmentazione del mercato e sul posizionamento dei prodotti.

Segmentazione di mercato

 

Segmentazione del mercato

Col termine "segmentazione" del mercato s'intende l'attività di identificazione di "gruppi di clienti" cui è indirizzato un determinato prodotto o servizio. Molte aziende di successo decidono di focalizzare la propria attenzione su un determinato segmento di mercato: servire tale area significa soddisfare i bisogni di una particolare e ben determinata categoria di clienti. La segmentazione è dunque "il processo attraverso il quale le imprese suddividono la domanda in un insieme di clienti potenziali, in modo che gli individui che appartengono allo stesso insieme siano caratterizzati da funzioni della domanda il più possibile simili tra loro e, contemporaneamente, il più possibile diverse da quelle degli altri insiemi".

Ciò significa specializzare le proprie strategie di marketing. Se, da un lato, è evidente che le politiche dei prezzi (focalizzate sulla riduzione dei costi di produzione) siano in grado da sole di produrre affetti consistenti sulla segmentazione del mercato è altrettanto vero che la complessità dei mercati moderni ha introdotto una notevole variabilità nei benefici richiesti e un'accresciuta disponibilità di informazione con un conseguente indebolimento della fideizzazione, ciò rende necessario l'utilizzo delle altre leve del marketing (prodotto, comunicazione, distribuzione e vendita) per ottenere una corretta e completa strategia.

I vantaggi derivanti da una corretta strategia di segmentazione sono i seguenti:

  • definizione del mercato in termini di bisogni del cliente;
  • capacità di percezione del mutamento dei bisogni (dinamiche di mercato);
  • valutazione della maggiore efficacia (punti di forza contro punti di debolezza) della propria offerta nei confronti dei competitori;
  • razionalizzazione nella definizione del portafoglio dei prodotti;
  • definizione e creazione di barriere all'ingresso di nuovi concorrenti;
  • misura ex post, più precisa, degli effetti su vendita e profitti di specifiche azioni di marketing.

In una ricerca di segmentazione, le fasi fondamentali sono le seguenti:

  • definizione dei criteri di segmentazione;
  • selezioni delle variabili utili per costruire e descrivere i segmenti;
  • scelta dell'approccio di segmentazione;
  • scelta della metodologia quantitativa più adatta;
  • valutazione dei risultati e scelta dei segmenti su cui concentrare le risorse aziendali.

Per quanto riguarda la scelta dell'approccio, si parla di:

  • segmentazione a priori quando le caratteristiche del segmento vengono definite sulla base di informazioni in possesso al management e legate all'esperienza operativa o a precedenti analisi;
  • segmentazione a posteriori quando le caratteristiche del segmento emergono dall'applicazione di opportune tecniche di analisi quantitativa non note in precedenza.

Queste tecniche a posteriori sono distinte a loro volta in segmentazione per omogeneità e per obiettivi. Dal punto di vista applicativo, vi sono essenzialmente due modalità di segmentazione per omogeneità, la classica (combinazione di analisi fattoriale e cluster analysis) e la flessibile (combinazione di conjoint analysis e cluster analysis). Nella prima modalità si riducono le caratteristiche oggetto dell'analisi e si cerca di creare gruppi omogenei distinti rispetto a due o più delle caratteristiche in esame. La fase finale incrocia i risultati con caratteristiche socio demografiche/anagrafiche per verificare l'effettiva raggiungibilità del target. La modalità flessibile è più complessa e richiede la valutazione di profili globali dell'offerta e la scomposizione dei giudizi globali in valutazioni di utilità dei livelli e degli attributi considerati: a questo fine si utilizza la conjoint analysis. Applicando la cluster analysis ai risultati della conjoint analysis si possono ottenere gruppi omogenei in relazione alle valutazioni di utilità implicitamente fornite. Anche in questo caso i risultati della cluster analysis vengono incrociati con dati sociodemografici/anagrafici. La flessibilità sta nella possibilità di analizzare profili innovativi dell'offerta (che non sono ancora presenti nel mercato) simulando variazioni di quote di preferenza in relazione alla modifica di una o più leve di marketing.

Per quanto riguarda la segmentazione per obiettivi, si suddivide il target in sub-popolazioni utilizzando una variabile "dipendente" conosciuta a priori (per esempio la redditività, la frequenza d'acquisto... .) e si valutano una serie di variabili "esplicative", per esempio le caratteristiche sociodemografiche, che influenzeranno in modo rilevante la variabile dipendente considerato. Tra le tecniche note ricordiamo, oltre all'analisi discriminante lineare (ADL), la metodologia CHAID (CHi-squared Automatic Interaction Detection), l'analisi logistica e le reti neurali.
 
Brand positioning: vendere immagini e suggestioni

 

Posizionamento dei prodotti

Il posizionamento di un prodotto può essere visto come una decisione strettamente connesso a quella della selezione dei segmenti di mercato in cui l'impresa decide di competere e consiste nella misura della percezione che hanno i clienti di un prodotto o di una merce, relativamente alla posizione dei prodotti o delle marche concorrenti. Decidere di posizionare un prodotto in un certo segmento consiste nell'identificare le dimensioni su cui costruire tale percezione all'interno dei segmenti di un mercato di riferimento. Il posizionamento è legato strettamente alla comprensione delle motivazioni e delle aspettative dei clienti che costituiscono i segmenti ed è pertanto difficile assumere tale decisione in assenza di una chiara identificazione dei segmenti che compongono il mercato. Il posizionamento non è assoluto ma relativo alle posizioni dei concorrenti, di conseguenza, il posizionamento di un prodotto è strettamente legato oltre che alla percezione dei clienti anche alle decisioni strategiche dei concorrenti, che tendono a modificare il proprio comportamento in funzione dei feed-back del mercato. L'impresa, nelle decisioni strategiche di posizionamento, analizza l'attuale posizionamento del proprio prodotto, linea o marca, nel mercato di riferimento e decide di consolidare la propria posizione oppure decide di riposizionarsi in base alla misura di percezione da parte dei clienti e delle aziende concorrenti.

Costruire un posizionamento di un prodotto significa sostanzialmente identificare delle dimensioni sulle quali differenziare il proprio prodotto da quello dei concorrenti. Le dimensioni tipiche della differenziazione sono:

  • gli attributi del prodotto,
  • i benefici ricercati dai clienti,
  • le occasioni e le modalità di utilizzo,
  • il posizionamento dei concorrenti.

La dimensione della differenziazione possono essere tangibili come le caratteristiche tecniche, il prezzo e la disponibilità di servizi di supporto o intangibili come la percezione del brand, il suo prestigio, in modo del tutto equivalente si possono costruire posizionamenti in base a specifici benefici richiesti da uno o più segmenti di clienti, o ancora da occasioni d'acquisto o utilizzazione. Il posizionamento può essere utilizzato per avvicinare la propria azienda ad aziende leader se si pensa di volere che il proprio prodotto possa essere percepito come simile ad un prodotto leader di mercato. Poiché il risultato che si vuole ottenere è una rappresentazione relative di come un certo prodotto viene percepito se confrontato con i prodotti dei concorrenti, l'output dell'analisi è una mappa delle percezioni e le procedure che la realizzano sono dette perceptual mapping.

 
Esempio di mappatura delle percezioni (qualità, prezzo)

 

Mapping multidimensionali delle percezioni

La misura della percezione di un prodotto da parte dei clienti permette di realizzare il posizionamento di tale prodotto rispetto ad altri prodotti concorrenti. In pratica, la rappresentazione grafica delle percezioni dei clienti, nell'ambito di segmenti del mercato di riferimento, costituisce il posizionamento del prodotto. La percezione di un prodotto racchiude in se componenti derivanti dalle motivazioni all'acquisto e dalle aspettative su un determinato prodotto in termini relativi ad altri prodotti dello stesso tipo. Questa dipendenza relazionale tra prodotti di differenti produttori in competizione tra loro è l'elemento di maggiore rilievo nella rappresentazione dei prodotti in termini relativi e fa si che il posizionamento sia influenzato non soltanto dalle azioni del produttore del prodotto in esame ma anche dalle decisioni dei concorrenti che, mutando le loro strategie, conferiscono al problema una elevata dinamicità e una caratteristica complessità d'analisi. Le tecniche di analisi multivariata utili alla costruzione di mappe di percezione che verranno analizzate nelle "Note sulle ricerche di marketing" (riferite sotto la bibliografia) sono l'analisi discriminante lineare e il multidimensional scaling: in particolare, l'ampia disponibilità di software per l'analisi discriminante lineare (ADL) rende tale procedura metrica (che utilizza in input valutazioni misurate almeno a livello di intervallo) di ampio utilizzo per il mapping multidimensionale.

 
Di chi è figlia l'innovazione?


Bibliografia minima

  • Economia dell'innovazione, a cura di Franco Malerba, Carrocci, 2008
  • Gestione dell'innovazione, Melissa A. Schilling, McGraw-Hill (II edizione, 2008)  
  • Economia dell'innovazione, Margherita Balconi, Università di Pavia, 2008  
  • OECD Patent Statistics Manual, AA.VV., (c) OECD 2009  
  • Innovazione tecnologica e gestione d'impresa (Vol. II), Alessandro Grandi e Maurizio Sobrero, Il Mulino, 2009
Rapporti sull'innovazione
Note sulle ricerche di marketing
  • Elementi di scaling multidimensionale per la classificazione e il posizionamento nelle ricerche di marketing (CC BY M. Ennas 2010-2021)
  • Elementi di cluster analysis per la classificazione e il posizionamento nelle ricerche di marketing (CC BY M. Ennas 2010-2021)  
  • Elementi di linear discriminant analysis analysis nelle ricerche di marketing (CC BY M. Ennas 2010-2021)  
  • Elementi di conjoint analysis per le ricerche di marketing (CC BY M. Ennas 2010-2021)  

 

Leggi anche 

   Breve introduzione all'innovazione e ai suoi strumenti a cura di Mauro Ennas

   La riconversione possibile a cura di Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa

 

Blog collettivo iglesiente

  

 

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