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Quindi studi astrologia?

 

 

 

”Quindi studi astrologia?”, ovvero perché dovreste smettere di leggere l’oroscopo

Se fosse possibile prevedere il futuro, molte persone sarebbero interessate a conoscere il proprio. Quando gli uomini ancora non avevano elaborato un sistema di calendari, utilizzavano le stelle per orientarsi fra le stagioni e i periodi dell’anno, “prevedendo” l’evoluzione della natura. Le antiche popolazioni centro-asiatiche (Sumeri, Babilonesi) erano grandi osservatori del cielo. Gli Egiziani aspettavano la levata eliaca di Sirio per prevedere il tempo del raccolto e le inondazioni del Nilo (la levata eliaca, ossia il sorgere della stella poco prima del Sole, avviene in luglio). Non è da escludere che anche le popolazioni nuragiche facessero uso di calendari astronomici, come sembrano indicare particolari allineamenti di nuraghe e pozzi sacri.

 
Il sistema geocentrico Tolemaico e Zodiaco: la Terra al centro del mondo e il cielo stellato fisso.   

 

 
La Terra al centro del cosmo (Andreas CellariusHarmonia Macrocosmica, 1660/61).

 

In seguito, l’osservazione delle stelle assunse diversi significati: da previsioni degli eventi naturali si passò al voler prevedere i tempi più proficui per iniziare una guerra o conoscere il futuro di un regnante. Siamo nel periodo dell’Umanesimo europeo e l’astrologia inizia ad assumere i tratti più moderni, dalla quale ancora però si distingue in quanto gli oroscopi del Cinquecento e Seicento erano unici, venivano letti una volta sola nella vita ed avevano lo scopo di indicare le attitudini e la personalità di un individuo. È questo il periodo a cavallo della rivoluzione scientifica, in cui si diffuse in Europa l’interesse per pratiche come l’alchimia (i tarocchi erano stati inventati poco tempo prima e come gioco o espediente letterario, non per prevedere il futuro).

Appunti di Sir Isaac Newton (1642 – 1726) sull'Alchimia.

 

Alle grandi corti europee del Seicento, ogni regnante aveva un suo astrologo di corte, e molti di questi erano ben noti scienziati quali per esempio Tycho Brahe (1546-1601). Anche Newton e Galilei praticavano rispettivamente l’alchimia e l’astrologia, Newton addirittura con più interesse dei suoi studi fisici e Galilei per arrotondare i suoi guadagni.

Ma la situazione era ormai in evoluzione e l’astrologia si sarebbe staccata definitivamente dalla scienza. L’astrologia (specialmente quella odierna) infatti non è una scienza ma al massimo può essere considerata “pseudoscienza”, ossia una materia che vuole proporsi come una scienza ma non lo è, non ne rispetta le regole sancite dal metodo scientifico e non si sottopone ad analisi razionale. L’astrologia antica, intesa come studio delle stelle e dei loro moti, può invece considerarsi più simile all’astronomia moderna che all’astrologia.

Se c’è una cosa che gli astronomi tollerano a malapena, questa è che il loro studio venga confuso con l’astrologia. “Quindi sei astrologo?”, “Studi astrologia?”. L’astronomo dovrà trattenersi per rispondere adeguatamente a queste domande, che in realtà nascono spesso solo dalla confusione dei due termini e non da richieste di letture di oroscopi o ascendenti. La differenza fondamentale è che l’astronomia è una scienza, l’astrologia no.

L’astronomia (e l’astrofisica) studiano i corpi celesti nella loro natura fisica, cercando di spiegarne l’origine, la composizione, i moti e anche prevederne la fine. L’astrologia (in particolare quella attuale) cerca di prevedere il futuro degli uomini basando le proprie affermazioni sulla posizione degli astri nel cielo in un particolare momento (generalmente alla nascita, ma ormai qualsiasi istante viene utilizzato per elaborare oroscopi giornalieri, settimanali o mensili).

L’astrologia non si sottopone alle leggi scientifiche e ormai quasi ne va fiera, dichiarando di essere solo intrattenimento ma tirando in ballo concetti che vogliono imitare la scienza: forze, attrazioni dei corpi celesti, un determinato pianeta in una determinata costellazione e così via. Inutile dire che sia tutto falso, ma si può andare più in dettaglio sul perché queste affermazioni siano false.

Il primo concetto che spesso si sente è quello della “forza” che gli astri esercitano sugli altri oggetti. Tale forza deve presumibilmente essere la forza gravitazionale. Esistono quattro forze fondamentali in natura finora note; sono: la forza elettromagnetica, la forza forte, la forza debole (entrambe legate alla struttura degli atomi), e la forza gravitazionale. Fra le quattro, quella gravitazionale è la più debole. È chiaro quindi che i pianeti non esercitano alcun tipo di forza sugli esseri umani in quanto troppo lontani. I pianeti interferiscono appena fra di loro e, nel Sistema Solare, l’unico pianeta che influenza in maniera misurabile il moto del Sole è Giove. L’influenza che ne deriva è una leggera modifica della rotazione del Sole, ossia un effetto fisico, visibile, nulla che abbia a che fare con la capacità di fare scelte o con la fortuna. La risposta che viene data ad una spiegazione scientifica come questa è che invece la Luna influenza gli eventi sulla Terra, come le maree. L’influenza della Luna sul sollevamento ed abbassamento delle acque avviene su tutta la massa d’acqua del pianeta (il 70% della superficie sferica) ed è ininfluente sulla massa d’acqua di un qualunque essere umano. La forza di gravità è infatti minore se la massa è minore. La Luna non ha nemmeno alcun effetto sulle coltivazioni o sulla semina. Si tratta soltanto di retaggi di quando gli uomini basavano le loro attività sull’osservazione del cielo.

Altro concetto ricorrente è quello delle costellazioni, ossia delle figure immaginarie che gli antichi hanno voluto vedere nelle stelle del cielo e che sono state (e tuttora sono) strumento importante per la navigazione e l’orientamento. Ogni popolo ha avuto le sue costellazioni e già qui bisognerebbe chiedersi se l’astrologia basata sulle costellazioni greche valga per tutti i popoli del mondo, perché ricordiamo che la scienza deve essere ripetibile ed uguale ovunque. Le costellazioni sono effetti prospettici, non sono figure realmente esistenti nel cielo. Chi si trova all’emisfero sud non vedrà nemmeno le stesse stelle che vediamo noi all’emisfero nord, e chi dovesse andare su Marte non vedrà le nostre stesse costellazioni. Infatti, esse dipendono dalla nostra posizione e con il tempo, per via dell’espansione dell’universo e dei moti millenari, le stesse costellazioni attuali avranno forma diversa. Non si può quindi basare una previsione sulla posizione di un oggetto rispetto ad un altro che in realtà non esiste.

Un punto che molti astrologi sembrano dimenticare è che la Terra compie, durante il suo moto attorno al Sole, anche dei moti millenari, ossia movimenti impercettibili, dovuti all’attrazione della Luna o di altri pianeti massivi tipo Giove, che comportano variazioni della direzione dell’asse terrestre. Il moto più ‘evidente’ è la precessione degli equinozi, che causa la traslazione delle costellazioni nel cielo e i riferimenti di navigazione. Ai tempi degli antichi Egizi, il nord era indicato dalla stella Thuban, non dalla nostra Polaris. A livello astrologico, ne deriva che le costellazioni zodiacali (quelle che si utilizzano per le letture di oroscopi e ascendenti) cambiano nel tempo; il Sole non sorge più in corrispondenza delle stesse costellazioni e i segni zodiacali sono sfalsati di una o più posizioni. Se il vostro astrologo di fiducia utilizza ancora le tecniche e le concezioni babilonesi, probabilmente avete letto l’oroscopo del segno sbagliato per tutta la vostra vita.

Moto di precessione dell'asse terrestre. 

 

L’ultima considerazione è puramente statistica: ci sono ormai più di 7 miliardi di persone al mondo e solo 12 segni zodiacali (qualcuno direbbe 13: dobbiamo contare Ofiuco?). Com’è possibile descrivere la vita di una persona in base ad un segno zodiacale? Quante persone allora dovrebbero aver vissuto la stessa vita? All’incirca 600 milioni.

Questo può sembrare un semplice discorso sul perché l’astrologia sia falsa. Molti di questo ne sono già consapevoli ma continuano a seguirla. Il problema non è solo che sia notoriamente falsa (alcuni astrologi spiegano il loro non aver indovinato alcuna previsione dicendo che si tratta solo di intrattenimento) ma può anche essere pericolosa. Alcune persone ancora basano le loro scelte su cosa dice il loro oroscopo, finendo non solo per rifiutare la propria libertà di scelta in nome di qualcosa che non esiste ma anche precludendosi opportunità che sarebbero accessibili se portassero avanti le loro azioni con convinzione. Alcuni si giustificano dicendo che leggono l’oroscopo solo per intrattenersi e di non crederci in realtà, ma anche questo può essere nocivo. Ci si abitua a leggere teorie senza fondamento, non si allena il pensiero scientifico e si rischia di credere a qualsiasi altra teoria non scientifica (o addirittura cospirazionista) che qualcun altro vuole farci credere.

La più grave conseguenza è però quella che porta le persone a credere a chi offre cure basate sugli astri, oroscopi, presunte forze ed energie non meglio spiegate, che possono avere riferimenti più o meno espliciti con l’astrologia. Coloro che ci credono mettono a rischio la propria salute e sono spesso derubati. A ricevere il danno è poi la vera scienza che non solo ha difficoltà a farsi capire da chi non ha mai praticato il suo metodo di indagine, ma deve anche contrastare chi volutamente continua a credere alla pseudoscienza.

Il premio Nobel per la fisica (1965) Richard Feynman sulla ricerca scientifica nel campo della predizione del moto dei pianeti e sul nonsenso dell'astrologia: "La sole applicazioni cui posso pensare sono, in primo luogo, qualche prospezione geofisica nella predizione delle maree; al giorno d'oggi, più modernamente, nell'elaborare i movimenti dei satelliti e delle sonde planetarie, e così via, che inviamo e utilizziamo per calcolare e predire le posizioni dei pianeti, ciò ha una grande utilità per gli astrologi per pubblicare le loro predizioni e gli oroscopi nelle loro riviste. Questo nel quale viviamo è uno strano mondo nel quale i frutti del progresso nella comprensione vengono usati solo per continuare ad alimentare il nonsenso esistito per 2000 anni." (Cornell University Lectures, "The Character of Physical Law", 1964)

 

"La conoscenza degli effetti e l'ignoranza delle cause produsse l'astrologia."

 

Approfondimenti:

   Perché c'è ancora chi crede negli oroscopi? 

   Perché non credere agli oroscopi? Ecco la guida completa

   L'inconsistenza scientifica dell'astrologia

 

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   Il metodo scientifico è utile a tutti a cura di Arianna Manca

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Arianna Manca

 

 

 

Arianna Manca 

 (Iglesias, classe 1994)

2013: Maturità  scientifica presso ITIS Minerario "Asproni", Liceo Scientifico-Tecnologico di Iglesias; 2016: Laurea triennale in Fisica presso l'Università degli studi di Cagliari (UniCa); 2020: Laurea Magistrale in Fisica presso UniCa; 2020: Inizio Corso di dottorato in Astrofisica presso UniCa. Associato presso l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Appassionata di Storia e scrittura creativa.

 

Il metodo scientifico è utile a tutti

 

 

 

“«Dati! Dati! Dati!», esclamò con impazienza. «Non posso fare mattoni se non ho l'argilla.»”

Ci si può stupire ad iniziare un discorso sul metodo scientifico da una citazione di Sherlock Holmes, ma chi ha letto o conosce il personaggio non ne rimarrà troppo stupito. I dati sono la base del pensiero scientifico e senza di loro non è possibile creare una teoria.

Ma cos’è la scienza e quando è nata? Bisogna fare delle considerazioni. La scienza nasce come osservazione e studio della Natura che ci circonda. Il suo scopo è trovare una spiegazione per i fenomeni naturali. L’uomo ha da sempre osservato il mondo attorno a lui e lo vediamo nei miti, nella religione, nelle pitture rupestri. Si tratta di scienza?

Copia romana in Palazzo Altemps del busto di Aristotele di Lisippo

 

La nascita del pensiero che possiamo già definire scientifico risale all’Antica Grecia, periodo in cui gli uomini iniziarono a studiare la Natura razionalmente, cercando spiegazioni che non si avvalessero di divinità o interventi esterni al mondo stesso. Aristotele è stato uno di questi personaggi, anche se non completamente estraneo all’idea di una “forza” che muove il mondo. Perché insistere su Aristotele in un discorso sul metodo scientifico? Ci torniamo più tardi.

La scienza come la definiamo oggi, “scienza moderna”, nasce però qualche secolo più tardi con Galileo Galilei, fra il XVI e XVII secolo. Galileo era un uomo del suo tempo, quindi portatore della mentalità medievale che vedeva nella ragione l’unica possibilità di conoscere il mondo (“fatti non fummo per viver come bruti”, scriveva Dante). La creazione di una definizione di scienza si è evoluta nel tempo, a partire dalle fondamenta greche per continuare sulla nozione di ragione, esperimento e conoscenza.

Ritratto di Galileo Galilei di Justus Sustermans (Galleria degli Uffizi, Firenze)

 

La formulazione di Galileo, “il metodo scientifico” che è rimasto praticamente invariato da allora, è quello che differenzia la scienza moderna dalla scienza antica. Il punto fondamentale del metodo, e quindi del pensiero scientifico, è l’osservazione del fenomeno. Scopo della ricerca scientifica è quello di trovare una spiegazione che sia la più generale possibile ma deve sempre partire da ciò che abbiamo, ossia il fenomeno stesso. Dall’osservazione, si cerca di capire quante più cose possibile, come funziona, cosa succede in casi leggermente diversi e così via.

Una volta chiaro in mente il fenomeno, si procede con la formulazione di un’ipotesi. Sulla base dei dati che abbiamo raccolto, cerchiamo di trovare una spiegazione al fenomeno che non per forza deve essere quella giusta al primo tentativo. La scienza è fatta sugli errori e su nuove prove che smentiscono teorie precedenti. Non si tratta però di indovinare; l’ipotesi deve essere coerente, logica e in accordo con quanto osservato. Ci può essere un’intuizione ma deve essere provata, verificata, ed è estremamente raro che venga individuata subito la soluzione corretta del problema.

Arriva quindi il momento di verificare ciò che si è ipotizzato. Si pensa a un esperimento, lo si mette in atto e si osserva se veramente il risultato dell’esperimento è quello che avevamo predetto. Non deve esserlo per forza, non sempre lo è. Se l’esperimento smentisce quanto avevamo ipotizzato, si torna al punto iniziale, si osserva meglio e si formula un’altra ipotesi. Se l’esperimento conferma la nostra idea iniziale, saremo pressoché soddisfatti e cercheremo di mettere alla prova la nostra ipotesi, che ora possiamo chiamare teoria, con esperimenti che tendono a cercarne i limiti.

 
Enrico Bellone: "La nascita del metodo scientifico"

 

“È un errore enorme teorizzare a vuoto. Senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, anziché il viceversa.”

I fatti sono la base di tutto. Le ipotesi e le teorie devono basarsi sui fatti, sulle osservazioni, e non viceversa. I dati non possono dimostrare quello che noi vogliamo vedere, ma saranno loro a guidarci alla ricerca di una teoria. Manipolare i dati a nostro piacimento è ugualmente non ammissibile: numerosi studi hanno sofferto della poca affidabilità dello scienziato che ha voluto utilizzare definizioni ad hoc per dimostrare le proprie tesi. È esemplare il caso di Edwin Hubble, scopritore dell'espansione dell’Universo, che aveva alterato i dati per rendere migliore la sua analisi. Per sua fortuna, la legge si rivela essere ancora valida ma ad un secolo di distanza, l’intera comunità scientifica è al corrente del suo “piccolo segreto”, raccontato come esempio di cosa non bisogna fare. Un esperimento deve essere per definizione ripetibile. Ogni scienziato, deve essere in grado di riprodurre l’esperimento ed ottenere gli stessi risultati. Una spiegazione non può essere valida se avviene soltanto una volta e non più.

Karl Popper (1902 - 1994), filosofo della scienza (epistemologo) 

 

Una teoria deve essere falsificabile. Il concetto fu introdotto il secolo scorso dal filosofo della scienza Karl Popper per distinguere la scienza dalla metafisica, intesa come la ricerca di leggi generali e universali senza basarsi sui fatti concreti. In quanto scienza, deve esistere in linea di principio una possibilità, un esperimento, che dimostri che la teoria è sbagliata. Tale esperimento non deve per forza dimostrare che la teoria è sbagliata ma deve esistere la possibilità che si avveri. Se la base della nostra teoria è che accada un fenomeno, la possibilità che questo non accada è la nostra prova di falsificabilità. Al contrario, se una teoria non ha alcuna base, non può nemmeno essere confutata e quindi non si può considerare scienza.

Sherlock Holmes, personaggio letterario ideato da Arthur Conan Doyle

 

Appassionati di gialli o no, tutti conoscono Sherlock Holmes come il maestro della deduzione: da alcuni particolari e dettagli che sfuggono ai più, lui è sempre in grado di trovare il colpevole. Il metodo deduttivo consiste infatti nell’osservare il problema a partire da leggi o regole valide universalmente per ricercare la soluzione nel particolare. È il procedimento mentale della logica e della matematica: se sono vere le affermazioni (ipotesi), ne deriva una determinata tesi. Nelle scienze sperimentali il procedimento è inverso ed è detto induttivo: dall’osservazione del fenomeno (particolare), si vuole trovare una spiegazione o una teoria (generale). Quando si parla di legge empirica si tratta proprio di questo, un fenomeno osservato in cui si notano determinati comportamenti che ci permettono di scrivere una legge matematica, il più generale possibile, che non rispecchia alcuna legge fisica. Non per forza ci deve essere una teoria elaborata dietro una legge empirica. I due modi opposti di fare un ragionamento si fondono insieme nel metodo scientifico di Galileo. Non sono due metodi che si escludono a vicenda, infatti entrambi si basano sull’osservazione e sui fenomeni pratici. L’osservazione del fenomeno e l’elaborazione di una teoria mette in pratica un procedimento induttivo, in cui tramite lo studio del fenomeno si vuole elaborare un’ipotesi il più generale possibile. Una volta creata un’idea, dobbiamo quindi dedurre (ed è qui che entra in gioco il metodo deduttivo) quali siano o possano essere le sue conseguenze, in modo da creare un esperimento (reale, fisico, ma anche concettuale, fatto di ragionamenti) che possa avvalorare la nostra tesi (o che molto spesso la confuta).

Una sostanziale differenza fra metodo deduttivo ed induttivo è che, ammettendo vere le ipotesi di partenza, il risultato di un ragionamento deduttivo è sempre vero mentre quello di un’analisi induttiva è legato ad un certo grado di probabilità, in quanto in fondo abbiamo generalizzato un’idea a partire da un ristretto numero di casi analizzati. Nel libro L’argomentazione, Andrea Iacona spiega questa differenza con un aneddoto. Si suppone che un astronomo, un fisico e un matematico vedano delle pecore nere in un viaggio in Scozia. L’astronomo, applicando un ragionamento puramente induttivo, dirà che le pecore scozzesi sono nere. Il matematico, applicando un ragionamento deduttivo, dirà che la loro unica certezza è che in Scozia ci sono alcune pecore nere. Il fisico, utilizzando un metodo a metà strada fra i due, dirà in Scozia ci sono pecore nere, ma non è da escludere che ne esistano anche bianche. La differenza è che nel ragionamento induttivo bisogna comunque tenere conto dei casi che non sono stati osservati.

Non bisogna confondere avvenimenti singoli con prove inconfutabili. È il caso delle prove aneddotiche (da aneddoto, appunto), che sono spesso utilizzate a scopo pubblicitario e di marketing. Il fatto che un prodotto abbia avuto un certo effetto su una persona non vuol dire che lo avrà su noi; la nostra esperienza di un fenomeno non vuol dire che la stessa cosa avverrà per tutti. Spesso sentiamo dire (o diciamo noi stessi), “A me è successo questo, a me è successo così” e pensiamo quindi che la stessa cosa valga per tutti. È come pensare che tutte le pecore scozzesi siano nere. Un’esperienza singola non può sostituire una corretta analisi dati statistica.

All’inizio di questo discorso abbiamo menzionato Aristotele ed è ora forse il caso di chiarirne il perché. Durante tutto il Medioevo, le opere di Aristotele e di altri studiosi greci venivano studiate e tradotte in tutta Europa. Era il pensiero di Aristotele e tutti erano d’accordo, o perlomeno dovevano esserlo. Si chiama “principio di autorità” e si tratta del dare per vero e corretto un principio o una teoria se ad averla elaborata è un personaggio noto, ancora meglio se illustre. Questa idea ha costretto la scienza medievale occidentale a muoversi entro i soli binari tracciati da Aristotele e quindi ha rallentato il processo scientifico come lo intendiamo noi oggi.

Nella scienza il principio di autorità non esiste. Non importa se a supportare una teoria è un noto scienziato; senza le prove, l’esperimento, la ripetibilità, i fatti, una teoria non può chiamarsi tale. “L’ha detto Einstein”, è una frase che in campo scientifico non ha alcun valore. Einstein, giusto per citare uno fra i più famosi, era un essere umano come tutti e lui stesso non credeva alla Meccanica Quantistica e alle sue stesse onde gravitazionali, per poi essere smentito dall’evolversi della conoscenza.

Allo stesso modo, l’opinione di tutti non vale allo stesso modo. Per poter essere presi sul serio nella ricerca scientifica, bisogna sapere di cosa si sta parlando. Il lavoro scientifico viene oggi svolto da numerose persone, specializzate nei diversi ambiti scientifici, che fanno le loro ricerche e le illustrano tramite articoli e giornali scientifici ai loro pari (“peer”). Il lavoro viene anonimamente revisionato (“peer review”) prima di essere pubblicato. La pubblicazione di una teoria non vuol dire però una conclamata o apertamente accettata verità. Altri studi possono falsificare la teoria proposta o portare nuovi elementi a suo sostegno.
 
Massimo Polidoro: il metodo scientifico 

 

Nessuna teoria può considerarsi mai una verità assoluta. Lo scopo della scienza è superare se stessa, trovare teorie più generali e trovare i limiti di quelle attuali. Il progresso si raggiunge anche smentendo idee che prima si credevano corrette. La teoria della relatività generale ha ampliato la teoria della gravitazione di Newton, senza smentirla ma includendola in una teoria più generale, appunto. La relatività speciale e la costanza della velocità della luce hanno invece clamorosamente smentito la teoria dell’etere che era in voga alla fine dell’Ottocento. Una teoria può essere migliorata o smentita e questo è lo scopo stesso della scienza. Ci sono solo studi, ipotesi più realistiche di altre e teorie che continuano a reggere la prova dell’esperimento.

Gli scienziati non sono felici di avere una teoria funzionante che continua a provarsi vera nelle più svariate circostanze. Gli scienziati cercheranno quell’esperimento al limite della teoria, che potrebbe (oppure no) dimostrare che non è più valida. Condizioni estreme, altissime energie, grandissime masse o velocità esorbitanti: tutto pur di capire se è necessario proporre un’altra teoria o se ancora possiamo lavorare con quelle che abbiamo. Molte cose ancora non sono note, in campo macroscopico o microscopico.

Il modo di pensare dello scienziato non è utile solo nella scienza. In un mondo in cui ognuno può esprimere la propria opinione anche senza conoscere tutti i fatti, in cui questa opinione può essere fatta rimbalzare da persona a persona, con le interpretazioni e modifiche che ne derivano, è sempre più importante capire se quell’informazione è attendibile oppure no, se è stata riportata da chi conosce l’argomento oppure no. Gli scienziati stessi non possono permettersi di compiere studi e pubblicare risultati senza citare le fonti da cui hanno preso le informazioni alla base dei loro studi. Le fonti sono importanti, la logica di un ragionamento è importante perché molte delle teorie inventate e senza fondamento, non hanno alcuna logica.

La scienza è fatta di domande, non di certezze. Indaghiamo ciò che non è conosciuto (sarebbe troppo facile altrimenti) e per arrivare anche lontanamente ad un briciolo di certezza ci vuole tanto lavoro, studio, tempo ma si arriva poi a migliorare la vita di tutti, anche con la più piccola e apparentemente più lontana innovazione o ricerca.

"Il Metodo Scientifico" di Richard Feynman (1918 - 1988), premio Nobel per la Fisica nel 1965 

 

Il progresso va avanti rapidamente, come si è visto negli ultimi secoli e ancora di più nell’ultimo secolo, con la conoscenza e l’istruzione che si allarga a più persone possibile. Più persone ci lavorano, più il progresso sarà rapido, fornendo a chi ne ha interesse i mezzi, le possibilità e le conoscenze per intraprendere un lavoro di studi. E anche a chi l’interesse non ce l’ha, servirà per capire meglio ciò che gli viene raccontato e valutarne effettivamente la veridicità delle tesi che gli vengono proposte.

 

L'autrice consiglia di leggere

Aforismi di Sherlock Holmes tratti da “Tutto Sherlock Holmes”, Ed. Newton Classici

 

«Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato.» (Albert Einstein, lettera a Max Born del 5 dicembre 1926)

 

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  Noam Chomsky: le armi del potere a cura di Mauro Ennas

 

Arianna Manca

 

 

 

Arianna Manca 

 (Iglesias, classe 1994)

2013: Maturità  scientifica presso ITIS Minerario "Asproni", Liceo Scientifico-Tecnologico di Iglesias; 2016: Laurea triennale in Fisica presso l'Università degli studi di Cagliari (UniCa); 2020: Laurea Magistrale in Fisica presso UniCa; 2020: Inizio Corso di dottorato in Astrofisica presso UniCa. Associato presso l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Appassionata di Storia e scrittura creativa.

 

Noam Chomsky: le armi del potere

 
 
 
«Il sonno della ragione genera mostri.»

Francisco José de Goya y Lucientes, pittore e incisore spagnolo

 

Come il potere economico e la sua emanazione politica manipolano le masse attraverso i mezzi di comunicazione

Noam Chomsky, il noto linguista americano, ha studiato e divulgato nei suoi scritti alcune tra le più note strategie utilizzate per la manipolazione delle masse mediante l'uso orchestrato dei mezzi di comunicazione (televisione, radio, cinema, stampa e Internet). L'esistenza di queste strategie ci fa comprendere, per chi avesse ancora dei dubbi, che esiste una volontà politica esplicita di controllo delle masse e di indebolimento e manipolazione della percezione di eventi e memoria storica, fino all'induzione sistematica di ambiguità e confusione nella determinazione delle relazioni di causa effetto nel succedersi degli eventi della storia contemporanea. Tutto ciò è il risultato di studi decennali nei campi dell'antropologia, della sociologia e della psicologia umana e, in tempi recenti, della psicologia economica, laddove le scienze umane si sono fuse con l'economia per potenziare il controllo delle scelte economiche dei consumatori e delle decisioni delle classi dirigenti in contesti economici interconnessi perché globalizzati.

Noam Chomsky è uno dei più autorevoli studiosi viventi su tematiche linguistiche e della comunicazione, egli ha nell'approccio storico uno dei suoi punti di forza, riconosciuto universalmente per il suo costante impegno civile; in passato altri studiosi autorevoli, non sempre con lo stesso spirito, hanno dato contributi notevoli allo studio e alla costruzione dei metodi di manipolazione delle masse, ma non alla diffusione, trovandosi spesso sui versanti opposti delle barricate erette dalla guerra fredda nell'immediato dopoguerra.

 
Noam Chomsky, Il mito dei media liberi (sottotitoli: Italiano)

 

In questo contesto nasce lo studio della mente e del comportamento umano finalizzato alla manipolazione e alla persuasione (mind control) e per il controllo delle masse (crowd control o social engineering), attraverso il lavaggio del cervello (brainwashing), l'induzione persuasiva attraverso messaggi subliminali ultrasonici o dissuasiva attraverso segnali infrasonici ovvero onde ELF (Extremely Low Frequency) per disturbare l'umore, il sonno o indurre disturbi di svariata natura (brain waves, binaural beats, oppure dalle cosidette brown note di dubbia esistenza che però rappresentano un esempio facilmente comprensibile dei possibili effetti fisiologici delle onde acustiche sull'uomo), sino all'induzione della morte tramite aritmia cardiaca SADS (ossia Sudden Arrhythmia Death Syndrome) o il più vasto armamentario delle sonic weapon (armi acustiche), e  degli effetti acustici delle microonde e dell'ipnosi a distanza (microwave sound effects, microwave hearing effects).

Di queste tecniche estreme ed aberranti non ci occuperemo in queste note.

 
«Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato.» George Orwell, 1984 (1948).  
 
Nelle brevi note che seguono vengono esposte in rapida sintesi alcune tra le strategie principali della manipolazione mediatica, senza pretesa di essere esaustivi e tanto meno definitivi. Gran parte delle tecniche che seguono sono fondate sull'uso scientifico della falsificazione/manipolazione dell'informazione e sulla menzogna.
 
Armi a microonde e a energia diretta
 
 

La strategia della distrazione.

Questa strategia è una delle più importanti e consiste nel distrarre l'attenzione del pubblico, dai problemi rilevanti e dai cambiamenti fondamentali, attuati dalla classe dirigente, politica ed economica di una nazione, utilizzando note tecniche di diluvio o/e inondazione di informazioni che moltiplicano notizie insignificanti al fine di distrarre e distogliere i più dall'analisi dei problemi concreti che li riguardano: anche quando questi risultano di vitale importanza per la popolazione stessa.

Questa strategia in passato è stata attuata, insieme ad altre, prevalentemente durante le guerre per distogliere l'interesse del pubblico dalla conoscenza di fatti che potessero pregiudicare l'umore delle masse, orientando le stesse verso una conclusione pessimistica di un conflitto e quindi per mantenere la volontà e le energie di una popolazione orientate al sacrificio e alla prosecuzione del conflitto. Attualmente viene utilizzata in forme più sofisticate per allontanare le persone dalla conoscenza economica, scientifica, psicologica e tecnologica in genere. La conoscenza è il vero potere e sul campo di battaglia dell'acquisizione culturale e dell'istruzione si sta giocando una parte cospicua della guerra mediatica e manipolatoria.

Mediamente le persone non devono riflettere su problemi cruciali, su possibilità concrete in campo tecnologico o economico perché occupati da altre informazioni, pressoché inutili alla loro vita e al loro futuro e a quello dei loro figli. La massa deve girare a vuoto, ripetere in un ciclo infinito riflessioni insensate e di nessun peso sul miglioramento della propria condizione di vita. Lo sport e la cronaca nera sono solo due esempi. La ripetizione pedissequa dello schema di distrazione viene attuato attraverso la ripetizione e la variazione di dettagli insignificanti nell'esposizione di informazioni che vengono spacciate per cruciali.

A questo scopo si costruiscono le animazioni del gol nella partita di calcio del giorno e si imbastiscono discussioni fiume su dettagli inutili e insignificanti, che si contraddicono in un alluvione scomposto e sconnesso di assurdità. Si costruiscono scenari di un delitto e si ripropongono all'infinito teorie, montandole e smontandole senza criterio al puro scopo di sommergere e confondere chi ascolta e tenerlo occupato in uno stato alterato di inattività psichica incapace di riflettere sulla sua realtà contingente.

Distrazione di massa.
 
La potenza della distrazione.

 

Creazione 'ad hoc' del problema e della sua soluzione.

Questo è il metodo della catena "problema/reazione/soluzione". Si crea una situazione che produrrà una determinata reazione nel pubblico (problema) in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano fare accettare. Si crea artificialmente un'emergenza, enfatizzando dei contenuti giornalistici non rilevanti o che erano considerati la norma sino al giorno prima. Si permette che si intensifichino fenomeni di dissenso e/o violenza oppure, nei casi storicamente più gravi, si organizzano attentati sanguinosi in modo che la popolazione coinvolta richieda leggi speciali a discapito della libertà e come risposta alla necessità di maggiore sicurezza. In tempi recenti si creano crisi economiche fasulle per far accettare, come male minore la diminuzione dei diritti e lo smantellamento dello stato sociale. Queste tecniche sono le più sofisticate e in queste note non possiamo che indicarle, senza il dovuto approfondimento che presupporrebbe una maggiore conoscenza dei moderni sistemi informativi e dell'intelligence.

La strategia della scala (o del rallentatore, o della rana bollita).

Per permettere che una decisione politica e/o economica possa essere accettata, e digerita anche se indigesta, bisogna applicarla gradualmente (per gradi), al rallentatore, con pazienza e seguendo uno schema precostituito che sia in grado di predire i vari effetti passo dopo passo, gradino dopo gradino. In genere questa tecnica viene utilizzata per decisioni che vengono attuate in tempi lunghi e richiedono una pianificazione teorica di vasta portata, delle dimensioni di quella che ha portato il liberismo nel dopoguerra o il neo-liberismo a partire dagli anni '80. Come fare accettare alla popolazione la diminuzione dello stato sociale? Come fare accettare la precarietà e la flessibilità, l'aumento rapido della disoccupazione, la riduzione dei salari o l'elevato livello di privatizzazione delle aziende pubbliche, costruite in anni di sacrifici dall'intera comunità? Abbiamo mai pensato cosa sarebbe potuto accadere se tutte queste imposizioni fossero state attuate in una sola volta ossia senza gradualità?

Questa strategia è quella che io definirei "la Strategia", ossia ciò che fa individuare uno schema precostituito chiaro e ben definito nelle volontà delle classi dirigenti a livello nazionale ed ora internazionale (G8, Davos). L'economia americana è legata a quella cinese e le altre economie continentali sono strettamente connesse a quella americana dal dopoguerra. 

La sindrome della 'rana bollita'.
 

La strategia della costruzione del consenso su azioni differite.

Una decisione impopolare, presentata come "dolorosa", "lacrime e sangue", "necessaria", e quindi in qualche modo apertamente impopolare, se supportata dai mezzi di comunicazione e giustificata adeguatamente, può intercettare il consenso diffuso della popolazione per future azioni di tipo politico e/o economico. In questa strategia giocano almeno due fattori importanti, il primo è il fatto di spostare nel futuro una sofferenza che viene giudicata necessaria e alla quale non si può sfuggire; dal punto di vista psicologico questo può indurre speranza, ossia ottimismo verso un futuro migliore. L'altra è la familiarità col problema sollevato che aumenta col tempo e riduce le resistenze sino a fare accettare anche le misure più impopolari, se differite nel futuro.

 

Il popolo è minorenne.

Gran parte della manipolazione mediatica e populista è fondata su un atteggiamento paternalista, dove lo Stato e chi lo rappresenta utilizza argomentazioni semplicistiche e/o estremamente semplificate, inoltre i toni sono quelli che un padre utilizzerebbe con il figlio nella prima infanzia, o con un figlio adolescente subnormale. L'inganno è nei toni oltre che nelle parole. Individuare i toni ci fornisce più di un indizio sull'inganno in atto.

Il popolo è minorenne.

 

Più emozione meno ragione (la strategia della paura).

Lo strumento più subdolo utilizzato per la manipolazione delle masse è quello di sfruttare lo stato emotivo primordiale, inconscio, per eliminare la ragione e ogni residuo di razionalità al fine di indurre una reazione violenta, irrazionale e incontrollata verso il nemico di turno oppure modificare un atteggiamento o un comportamento nei confronti di idee, oggetti e persone. Lo sfruttamento della componente emotiva è una delle tecniche classiche della psicologia comportamentista, utilizzata per provocare un corto circuito nella ragione. Essa è facilmente attuabile in situazioni nelle quali i senso critico è indebolito da sensazioni coesistenti di paura e odio, ciò permette, utilizzando opportunamente vari schemi psicologici, di aprire la porta dell'inconscio per impiantare nuove paure, desideri compulsivi o anche per indurre nuovi atteggiamenti e comportamenti. La modernità ha visto applicate con successo queste tecniche al marketing e in modo specifico alla pubblicità.

 
Il Ministro della Paura.

 

Mantenere la massa in un costante stato di ignoranza.

Gran parte della popolazione, anche una parte istruita della stessa, ignora le connessioni causa-effetto tra i fatti storici della storia recente o contemporanea. La cappa di disinformazione mediatica ha creato un velo di distorsione nella percezione dei fenomeni e degli avvenimenti che vengono, in modo ripetitivo, analizzati in modo semplicistico e quindi con l'alta probabilità di non essere compresi e di portare a conclusioni errate, confondendo le cause reali con gli effetti manifesti. Questo stato di cose è il più deleterio e pericoloso che storicamente si conosca. Questo stato di cose produce una degenerazione nelle classi sociali più deboli e un adeguamento di quelle medie verso la mediocrità. In situazioni di crisi economica ciò può portare a disastri incontrollabili. La storia è maestra ma non ha discepoli.

 
Nessuna società vuole che tu diventi saggio!

 

Convincere la massa che mediocrità e ignoranza sono valori.

Attuare tecniche di persuasione che fanno leva su sentimenti bassi come l'invidia per denigrare la cultura, lo studio e tutto ciò che è immateriale e che ha a che fare con la crescita culturale e spirituale di un individuo. Convincere la popolazione che lo studio non è un lavoro, e che l'acquisizione di conoscenza è una inutile perdita di tempo. Questa strategia ha forti implicazioni nella mobilità sociale che viene in questo modo fortemente limitata e, a lungo andare, annullata. Si ostacolano gli studenti provenienti dalle classi sociali più deboli, in modo tale che abbiano maggiori difficoltà nell'acquisizione dei titoli di studio che aprono la porta alle professioni liberali, bloccando di fatto l'avvicendamento e il rinnovamento delle classi dirigenti e favorendo il nepotismo. Una volta consolidata la prassi diventa legge. L'ignoranza è tale che nessuno si lamenterà o prenderà sul serio un Caligola che nomina console il suo cavallo!

 

Indurre il senso di colpa individuale.

Convincere i cittadini che ognuno è causa dei suoi mali. Circoscrivere la responsabilità all'individuo e al suo stato contingente e non alla società e al sistema di regole dello Stato.

Se il sistema di tassazione è farraginoso e incomprensibile, se proliferano le leggi astruse e avulse dal contesto quotidiano in cui operano le persone, è colpa delle persone che non si adeguano alla follia del sistema e non del sistema stesso, creato per mettere in difficoltà e in uno stato di perenne precarietà gli individui. Opera ancora la strategia di creazione di confusione sino all'immobilismo e al sonno della razionalità.

 
Capire il senso di colpa.

 

Studiare le masse da tutti i punti di vista.

Dal dopoguerra in poi c'è stata una tremenda evoluzione delle tecniche di indagine psicologica, sociologica, antropologica, neurobiologica, psichiatrica, farmacologica... potenziando la varietà e la portata degli "attrezzi" utilizzati dalle classi dominanti per governare. Le conoscenze acquisite spaziano in ogni campo del sapere. Dalla biochimica alla farmacologia: sapere quali sostanze sono coinvolte in tutti i processi fisici e mentali del corpo umano è potere; dalla psicologia alla sociologia: conoscere il comportamento conscio e inconscio oltre che relazionale degli individui e dei gruppi è un altro potere. Le droghe permettono di condizionare gli individui; l'ipnosi e la programmazione neuro-linguistica permettono di condizionare gli individui; le tecnologie, sempre più pervasive, permettono di condizionare pesantemente gli individui... ma tutto questo è parte di altre strategia ancora più inquietanti e meriterebbe un capitolo a parte.

 

Oltre alle strategie fin qui individuate, la rete e l'evoluzione del Web hanno permesso di attuare nuove strategie e realizzare progetti sino a pochi anni fa solo immaginabili. La continua e irrefrenabile corsa al miglioramento e potenziamento delle interconnessioni dei calcolatori (calcolo distribuito) e i miglioramenti vertiginosi nelle performance dei processori e delle tecnologie di memorizzazione di massa, lo spazio disco che dai MByte è passato rapidamente ai Giga Byte e ai Tera Byte (TByte = 1000 GByte) e oltre, hanno permesso di concepire banche dati in grado di raccogliere e incrociare le informazioni di intere popolazioni e motori di ricerca che utilizzano dispositivi elettronici specializzati in grado di eseguire, a velocità sempre crescenti e in parallelo, gli algoritmi di ricerca su grosse moli di dati.

 

Creare delle banche dati coi profili delle persone.

Sono state messe in piedi tecniche avanzate per l'analisi semantica delle pagine web. Con tali software si mira a conoscere meglio i contenuti dei dialoghi in rete o meglio quanti parlano di un prodotto o di un personaggio pubblico, per sapere che cosa ne pensano. Classificare i sentimenti degli utenti del social network (in Facebook, nei blog, microblog, ecc.) e individuare i commenti positivi o negativi per poi creare delle banche dati da vendere a società di consulenza e di marketing. In realtà tali applicazioni tenderanno sempre più ad analizzare la formazione del giudizio su prodotti, aziende e persone da parte della comunità estesa della rete. Tutte le tecniche convergono verso la necessità di classificare e comparare dati di grande estensione e di elevato dinamismo per creare strategie di mercato applicabili nel breve medio termine o per analizzare l'informazione circolante e tentare di condizionarla iniettando in rete informazioni false per verificare le fluttuazioni degli umori o destabilizzare, fuorviare, confondere gli utenti.

Tu sei i dati che generi: profilatura delle persone

 

Per fortuna si è osservata una grande elasticità della rete nel riuscire a ricondurre delle notizie false nel giusto alveo informativo vista l'elevata sensibilità ai mutamenti dei suoi componenti più attivi. La rete sembra ridare dignità al concetto di massa, pur con tutti i limiti e le debolezze individuali, i gruppi sembrano caratterizzati da un maggiore senso critico e un maggiore pragmatismo che in passato.

Tutto questo non è gratuito, è necessario leggere, ascoltare, guardare con attenzione (distinguere criticamente ciò che è attendibile da ciò che è falso o potenzialmente inattendibile) e quindi impegnarsi nella ricerca di riscontri, nel confronto, nell'arricchimento culturale oggi più che in un recente passato; le nuove generazioni sembrano avere assorbito questa attenzione che ora è una necessità, o almeno questo è ciò che ci si aspetta da loro, pur sapendo di essere osservati.

I social network sul Web sono una forma diversa di spazio pubblico e hanno quattro caratteristiche che li rendono unici.

La persistenza: la traccia virtuale di ogni utente rimane visibile per molto tempo; ciò facilita la comunicazione diacronica (nel suo divenire, dinamicamente, nel tempo), ma significa anche che quello che si dice quando si era adolescenti è ancora accessibile quando si diventa adulti.

La ricercabilità: chiunque può ricostruire con relativa facilità le frequentazioni virtuali dei propri figli, amici, conoscenti; a maggior ragione una società di ricerca di informazioni ha a disposizione potenti strumenti per ricostruire dettagli relazionali di estese popolazioni di utenti della rete in modo del tutto automatico e aggiornabile al variare del tempo.

La replicabilità: le informazioni digitali sono facilmente clonabili/copiabili. Questo significa che si può copiare una "conversazione" che è avvenuta in una certa chat-room e incollarla da un'altra parte, decontestualizzandola e/o ricontestualizzandola; ciò significa anche che è sempre più difficile capire se un determinato contenuto è falso o se è stato alterato.

Il pubblico invisibile: nella vita pubblica di tutti i giorni è facile incrociare estranei, ma noi generalmente ce ne accorgiamo e notiamo immediatamente se qualcuno sta spiando la nostra conversazione. Negli spazi pubblici mediati l'agguato non solo è invisibile, ma la persistenza, la ricercabilità e la replicabilità delle nostre azioni virtuali consentono la partecipazione di pubblici che non erano nemmeno presenti nel momento in cui ci siamo espressi.

Tutto questo si presta al profiling automatico e alla manipolazione, sia di singoli (tramite false identità) che di gruppi organizzati attraverso la cosiddetta sentiment analysis e la "social network analysis", due settori di studio della sociologia che analizzano la reazione a certi stimoli cognitivi e le relazioni di omogeneità e disomogeneità tra individui e gruppi rispetto ai valori percepiti (perceptual mapping).

Il futuro è già qui!

La consapevolezza diffusa la nostra unica difesa contro le menzogne e la disinformazione.

 
 Noam Chomsky, Le 10 leggi del potere.
 
Noam Chomsky dialoga con Marco Damilano.

 

Letture consigliate

– Noam Chomsky, Il bene comune, Piemme 2004
– Noam Chomsky e Edward S. Herman, La fabbrica del consenso, Il Saggiatore, 2006
– Noam Chomsky, Capire il potere, Il Saggiatore 2008
– Noam Chomsky, La democrazia del grande fratello, Piemme 2005
– Noam Chomsky, Le 10 leggi del potere, Ponte alle grazie 2017
– Walter Lippman, Public Opinion, Createspace 2010
– Edward Bernayes, Propaganda, Createspace 2010
– Aldo Giannuli, Come funzionano i servizi segreti, Ponte alle Grazie 2009
– Michele Loporcaro, Cattive notizie, Feltrinelli 2005
– Claudio Fracassi, Sotto la notizia niente, I libri dell'altritalia 1994
– Nicoletta Cavazza, La persuasione, Il Mulino 1996
– Nicoletta Cavazza, Psicologia degli atteggiamenti e delle opinioni, Il Mulino 2005
– Bonini, F. Del Missier, R. Rumiati, Psicologia del giudizio e della decisione, Il Mulino 2008
– Luigi Anolli, Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2006
– Psicologia economica, a cura di R. Ruminati, E. Rubatelli e Maurizio Mistri, Carocci 2008
– Martin Howard, Sappiamo cosa vuoi, Minimum Fax 2005
– Marcello Tedeschi, Le decisioni degli agenti economici: razionalità, contesto ed emozioni, Franco Angeli 2006
– Robert B. Cialdini, Le armi della persuasione, Giunti 1989
– Paul Ekman, I volti della menzogna, Giunti 1985
– Il processo (il libro e il film di Orson Welles, tratto dall'omonimo romanzo di Franz Kafka)
– George Orwell, 1984 (Nineteen Eighty-Four, 1948), Mondadori 2002
– Aldous Haxley, Mondo Nuovo (Brave New World, 1932), Mondadori 2000
– Seán MacBride, Many voices, one world: towards a new, more just, and more efficient world information and communication order, UNESCO Report, Publ: 1980; 312 p.  Freedom of Press Reports  
DDL Alfano "se lo conosci lo eviti" (Unione Nazionale Cronisti Italiani, marzo 2009)    

Wikipedia

 

Leggi anche

   Un futuro distopico dietro l’angolo  a cura di Mauro Ennas

 

Blog collettivo iglesiente

  

 

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