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Il metodo scientifico è utile a tutti

 

 

 

“«Dati! Dati! Dati!», esclamò con impazienza. «Non posso fare mattoni se non ho l'argilla.»”

Ci si può stupire ad iniziare un discorso sul metodo scientifico da una citazione di Sherlock Holmes, ma chi ha letto o conosce il personaggio non ne rimarrà troppo stupito. I dati sono la base del pensiero scientifico e senza di loro non è possibile creare una teoria.

Ma cos’è la scienza e quando è nata? Bisogna fare delle considerazioni. La scienza nasce come osservazione e studio della Natura che ci circonda. Il suo scopo è trovare una spiegazione per i fenomeni naturali. L’uomo ha da sempre osservato il mondo attorno a lui e lo vediamo nei miti, nella religione, nelle pitture rupestri. Si tratta di scienza?

Copia romana in Palazzo Altemps del busto di Aristotele di Lisippo

 

La nascita del pensiero che possiamo già definire scientifico risale all’Antica Grecia, periodo in cui gli uomini iniziarono a studiare la Natura razionalmente, cercando spiegazioni che non si avvalessero di divinità o interventi esterni al mondo stesso. Aristotele è stato uno di questi personaggi, anche se non completamente estraneo all’idea di una “forza” che muove il mondo. Perché insistere su Aristotele in un discorso sul metodo scientifico? Ci torniamo più tardi.

La scienza come la definiamo oggi, “scienza moderna”, nasce però qualche secolo più tardi con Galileo Galilei, fra il XVI e XVII secolo. Galileo era un uomo del suo tempo, quindi portatore della mentalità medievale che vedeva nella ragione l’unica possibilità di conoscere il mondo (“fatti non fummo per viver come bruti”, scriveva Dante). La creazione di una definizione di scienza si è evoluta nel tempo, a partire dalle fondamenta greche per continuare sulla nozione di ragione, esperimento e conoscenza.

Ritratto di Galileo Galilei di Justus Sustermans (Galleria degli Uffizi, Firenze)

 

La formulazione di Galileo, “il metodo scientifico” che è rimasto praticamente invariato da allora, è quello che differenzia la scienza moderna dalla scienza antica. Il punto fondamentale del metodo, e quindi del pensiero scientifico, è l’osservazione del fenomeno. Scopo della ricerca scientifica è quello di trovare una spiegazione che sia la più generale possibile ma deve sempre partire da ciò che abbiamo, ossia il fenomeno stesso. Dall’osservazione, si cerca di capire quante più cose possibile, come funziona, cosa succede in casi leggermente diversi e così via.

Una volta chiaro in mente il fenomeno, si procede con la formulazione di un’ipotesi. Sulla base dei dati che abbiamo raccolto, cerchiamo di trovare una spiegazione al fenomeno che non per forza deve essere quella giusta al primo tentativo. La scienza è fatta sugli errori e su nuove prove che smentiscono teorie precedenti. Non si tratta però di indovinare; l’ipotesi deve essere coerente, logica e in accordo con quanto osservato. Ci può essere un’intuizione ma deve essere provata, verificata, ed è estremamente raro che venga individuata subito la soluzione corretta del problema.

Arriva quindi il momento di verificare ciò che si è ipotizzato. Si pensa a un esperimento, lo si mette in atto e si osserva se veramente il risultato dell’esperimento è quello che avevamo predetto. Non deve esserlo per forza, non sempre lo è. Se l’esperimento smentisce quanto avevamo ipotizzato, si torna al punto iniziale, si osserva meglio e si formula un’altra ipotesi. Se l’esperimento conferma la nostra idea iniziale, saremo pressoché soddisfatti e cercheremo di mettere alla prova la nostra ipotesi, che ora possiamo chiamare teoria, con esperimenti che tendono a cercarne i limiti.

 
Enrico Bellone: "La nascita del metodo scientifico"

 

“È un errore enorme teorizzare a vuoto. Senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, anziché il viceversa.”

I fatti sono la base di tutto. Le ipotesi e le teorie devono basarsi sui fatti, sulle osservazioni, e non viceversa. I dati non possono dimostrare quello che noi vogliamo vedere, ma saranno loro a guidarci alla ricerca di una teoria. Manipolare i dati a nostro piacimento è ugualmente non ammissibile: numerosi studi hanno sofferto della poca affidabilità dello scienziato che ha voluto utilizzare definizioni ad hoc per dimostrare le proprie tesi. È esemplare il caso di Edwin Hubble, scopritore dell'espansione dell’Universo, che aveva alterato i dati per rendere migliore la sua analisi. Per sua fortuna, la legge si rivela essere ancora valida ma ad un secolo di distanza, l’intera comunità scientifica è al corrente del suo “piccolo segreto”, raccontato come esempio di cosa non bisogna fare. Un esperimento deve essere per definizione ripetibile. Ogni scienziato, deve essere in grado di riprodurre l’esperimento ed ottenere gli stessi risultati. Una spiegazione non può essere valida se avviene soltanto una volta e non più.

Karl Popper (1902 - 1994), filosofo della scienza (epistemologo) 

 

Una teoria deve essere falsificabile. Il concetto fu introdotto il secolo scorso dal filosofo della scienza Karl Popper per distinguere la scienza dalla metafisica, intesa come la ricerca di leggi generali e universali senza basarsi sui fatti concreti. In quanto scienza, deve esistere in linea di principio una possibilità, un esperimento, che dimostri che la teoria è sbagliata. Tale esperimento non deve per forza dimostrare che la teoria è sbagliata ma deve esistere la possibilità che si avveri. Se la base della nostra teoria è che accada un fenomeno, la possibilità che questo non accada è la nostra prova di falsificabilità. Al contrario, se una teoria non ha alcuna base, non può nemmeno essere confutata e quindi non si può considerare scienza.

Sherlock Holmes, personaggio letterario ideato da Arthur Conan Doyle

 

Appassionati di gialli o no, tutti conoscono Sherlock Holmes come il maestro della deduzione: da alcuni particolari e dettagli che sfuggono ai più, lui è sempre in grado di trovare il colpevole. Il metodo deduttivo consiste infatti nell’osservare il problema a partire da leggi o regole valide universalmente per ricercare la soluzione nel particolare. È il procedimento mentale della logica e della matematica: se sono vere le affermazioni (ipotesi), ne deriva una determinata tesi. Nelle scienze sperimentali il procedimento è inverso ed è detto induttivo: dall’osservazione del fenomeno (particolare), si vuole trovare una spiegazione o una teoria (generale). Quando si parla di legge empirica si tratta proprio di questo, un fenomeno osservato in cui si notano determinati comportamenti che ci permettono di scrivere una legge matematica, il più generale possibile, che non rispecchia alcuna legge fisica. Non per forza ci deve essere una teoria elaborata dietro una legge empirica. I due modi opposti di fare un ragionamento si fondono insieme nel metodo scientifico di Galileo. Non sono due metodi che si escludono a vicenda, infatti entrambi si basano sull’osservazione e sui fenomeni pratici. L’osservazione del fenomeno e l’elaborazione di una teoria mette in pratica un procedimento induttivo, in cui tramite lo studio del fenomeno si vuole elaborare un’ipotesi il più generale possibile. Una volta creata un’idea, dobbiamo quindi dedurre (ed è qui che entra in gioco il metodo deduttivo) quali siano o possano essere le sue conseguenze, in modo da creare un esperimento (reale, fisico, ma anche concettuale, fatto di ragionamenti) che possa avvalorare la nostra tesi (o che molto spesso la confuta).

Una sostanziale differenza fra metodo deduttivo ed induttivo è che, ammettendo vere le ipotesi di partenza, il risultato di un ragionamento deduttivo è sempre vero mentre quello di un’analisi induttiva è legato ad un certo grado di probabilità, in quanto in fondo abbiamo generalizzato un’idea a partire da un ristretto numero di casi analizzati. Nel libro L’argomentazione, Andrea Iacona spiega questa differenza con un aneddoto. Si suppone che un astronomo, un fisico e un matematico vedano delle pecore nere in un viaggio in Scozia. L’astronomo, applicando un ragionamento puramente induttivo, dirà che le pecore scozzesi sono nere. Il matematico, applicando un ragionamento deduttivo, dirà che la loro unica certezza è che in Scozia ci sono alcune pecore nere. Il fisico, utilizzando un metodo a metà strada fra i due, dirà in Scozia ci sono pecore nere, ma non è da escludere che ne esistano anche bianche. La differenza è che nel ragionamento induttivo bisogna comunque tenere conto dei casi che non sono stati osservati.

Non bisogna confondere avvenimenti singoli con prove inconfutabili. È il caso delle prove aneddotiche (da aneddoto, appunto), che sono spesso utilizzate a scopo pubblicitario e di marketing. Il fatto che un prodotto abbia avuto un certo effetto su una persona non vuol dire che lo avrà su noi; la nostra esperienza di un fenomeno non vuol dire che la stessa cosa avverrà per tutti. Spesso sentiamo dire (o diciamo noi stessi), “A me è successo questo, a me è successo così” e pensiamo quindi che la stessa cosa valga per tutti. È come pensare che tutte le pecore scozzesi siano nere. Un’esperienza singola non può sostituire una corretta analisi dati statistica.

All’inizio di questo discorso abbiamo menzionato Aristotele ed è ora forse il caso di chiarirne il perché. Durante tutto il Medioevo, le opere di Aristotele e di altri studiosi greci venivano studiate e tradotte in tutta Europa. Era il pensiero di Aristotele e tutti erano d’accordo, o perlomeno dovevano esserlo. Si chiama “principio di autorità” e si tratta del dare per vero e corretto un principio o una teoria se ad averla elaborata è un personaggio noto, ancora meglio se illustre. Questa idea ha costretto la scienza medievale occidentale a muoversi entro i soli binari tracciati da Aristotele e quindi ha rallentato il processo scientifico come lo intendiamo noi oggi.

Nella scienza il principio di autorità non esiste. Non importa se a supportare una teoria è un noto scienziato; senza le prove, l’esperimento, la ripetibilità, i fatti, una teoria non può chiamarsi tale. “L’ha detto Einstein”, è una frase che in campo scientifico non ha alcun valore. Einstein, giusto per citare uno fra i più famosi, era un essere umano come tutti e lui stesso non credeva alla Meccanica Quantistica e alle sue stesse onde gravitazionali, per poi essere smentito dall’evolversi della conoscenza.

Allo stesso modo, l’opinione di tutti non vale allo stesso modo. Per poter essere presi sul serio nella ricerca scientifica, bisogna sapere di cosa si sta parlando. Il lavoro scientifico viene oggi svolto da numerose persone, specializzate nei diversi ambiti scientifici, che fanno le loro ricerche e le illustrano tramite articoli e giornali scientifici ai loro pari (“peer”). Il lavoro viene anonimamente revisionato (“peer review”) prima di essere pubblicato. La pubblicazione di una teoria non vuol dire però una conclamata o apertamente accettata verità. Altri studi possono falsificare la teoria proposta o portare nuovi elementi a suo sostegno.
 
Massimo Polidoro: il metodo scientifico 

 

Nessuna teoria può considerarsi mai una verità assoluta. Lo scopo della scienza è superare se stessa, trovare teorie più generali e trovare i limiti di quelle attuali. Il progresso si raggiunge anche smentendo idee che prima si credevano corrette. La teoria della relatività generale ha ampliato la teoria della gravitazione di Newton, senza smentirla ma includendola in una teoria più generale, appunto. La relatività speciale e la costanza della velocità della luce hanno invece clamorosamente smentito la teoria dell’etere che era in voga alla fine dell’Ottocento. Una teoria può essere migliorata o smentita e questo è lo scopo stesso della scienza. Ci sono solo studi, ipotesi più realistiche di altre e teorie che continuano a reggere la prova dell’esperimento.

Gli scienziati non sono felici di avere una teoria funzionante che continua a provarsi vera nelle più svariate circostanze. Gli scienziati cercheranno quell’esperimento al limite della teoria, che potrebbe (oppure no) dimostrare che non è più valida. Condizioni estreme, altissime energie, grandissime masse o velocità esorbitanti: tutto pur di capire se è necessario proporre un’altra teoria o se ancora possiamo lavorare con quelle che abbiamo. Molte cose ancora non sono note, in campo macroscopico o microscopico.

Il modo di pensare dello scienziato non è utile solo nella scienza. In un mondo in cui ognuno può esprimere la propria opinione anche senza conoscere tutti i fatti, in cui questa opinione può essere fatta rimbalzare da persona a persona, con le interpretazioni e modifiche che ne derivano, è sempre più importante capire se quell’informazione è attendibile oppure no, se è stata riportata da chi conosce l’argomento oppure no. Gli scienziati stessi non possono permettersi di compiere studi e pubblicare risultati senza citare le fonti da cui hanno preso le informazioni alla base dei loro studi. Le fonti sono importanti, la logica di un ragionamento è importante perché molte delle teorie inventate e senza fondamento, non hanno alcuna logica.

La scienza è fatta di domande, non di certezze. Indaghiamo ciò che non è conosciuto (sarebbe troppo facile altrimenti) e per arrivare anche lontanamente ad un briciolo di certezza ci vuole tanto lavoro, studio, tempo ma si arriva poi a migliorare la vita di tutti, anche con la più piccola e apparentemente più lontana innovazione o ricerca.

"Il Metodo Scientifico" di Richard Feynman (1918 - 1988), premio Nobel per la Fisica nel 1965 

 

Il progresso va avanti rapidamente, come si è visto negli ultimi secoli e ancora di più nell’ultimo secolo, con la conoscenza e l’istruzione che si allarga a più persone possibile. Più persone ci lavorano, più il progresso sarà rapido, fornendo a chi ne ha interesse i mezzi, le possibilità e le conoscenze per intraprendere un lavoro di studi. E anche a chi l’interesse non ce l’ha, servirà per capire meglio ciò che gli viene raccontato e valutarne effettivamente la veridicità delle tesi che gli vengono proposte.

 

L'autrice consiglia di leggere

Aforismi di Sherlock Holmes tratti da “Tutto Sherlock Holmes”, Ed. Newton Classici

 

«Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato.» (Albert Einstein, lettera a Max Born del 5 dicembre 1926)

 

Leggi anche

  Noam Chomsky: le armi del potere a cura di Mauro Ennas

 

Arianna Manca

 

 

 

Arianna Manca 

 (Iglesias, classe 1994)

2013: Maturità  scientifica presso ITIS Minerario "Asproni", Liceo Scientifico-Tecnologico di Iglesias; 2016: Laurea triennale in Fisica presso l'Università degli studi di Cagliari (UniCa); 2020: Laurea Magistrale in Fisica presso UniCa; 2020: Inizio Corso di dottorato in Astrofisica presso UniCa. Associato presso l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Appassionata di Storia e scrittura creativa.

 

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