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I massoni a Iglesias

 

 

È ormai ai più risaputo che Villa di Chiesa, l’Iglesias medievale, deve   la sua fondazione al Conte Ugolino della Gherardesca, lo stesso che il sommo Dante ha immortalato nel trentatreesimo canto dell’Inferno. Tristo personaggio, invero, questo nobile pisano, cui, più che ’l dolor poté ‘l digiuno: rinchiuso nella Torre dei Gualandi, si tramanda che, spinto dai laceranti morsi della fame, si fosse cibato con la carne dei propri figli. Si tratta di un delitto così orribile da far pensare che l’Alighieri, il quale glielo imputa, gli abbia attribuito una simile colpa solo per faziosità politica, essendo egli un convinto esponente del   partito guelfo e il Conte un presunto traditore ghibellino.

Però, neppure Dante poteva immaginare che, a distanza di oltre mezzo millennio, all’avversario Ugolino, proprio in virtù del suo discusso anticlericalismo, sarebbe stata dedicata, nella città sarda da lui fondata, un’associazione di sodali molto particolare: una Loggia massonica.

Di questa confraternita, che praticava il rito simbolico, si possiede un elenco di 39 iscritti: essi risiedevano ad Iglesias, ma provenivano per lo più da Cagliari, Sant’Antioco, dalle terre dell’ex Regno di Sardegna e dall’ormai abrogato Granducato di Toscana, da   Belgio e Francia;   socialmente facevano parte   dell’alta e media borghesia, ed accoglievano, fra le proprie fila, commercianti e impiegati minerari, ma anche un direttore di banca, un cancelliere di pretura, il locale segretario comunale.

Fra gli   affiliati, compare in  elenco Francesco Sanna Nobilioni, segretario della Monteponi e fondatore della Società operaia di mutuo soccorso, un’organizzazione apolitica creata per prestare assistenza agli operai. Ancora, Felice Mathieu, poi diventato dirigente di un’altra importante società mineraria, la Vieille Montagne: in virtù della sua   manifesta appartenenza alla loggia, Mathieu fu anche   oggetto di attacco politico nella rivista satirica Bertoldo, ove fu apostrofato con l’epiteto, usato chiaramente in senso dispregiativo, di frammassone.

Società Operaia Industriale di Mutuo Soccorso (SOIMS) fondata da Francesco Sanna Nobilioni.

 

In effetti, tale vocabolo è quello più appropriato per indicare i confratelli: deriva dal francese franc-maçon (freemason in inglese), ossia «libero muratore», in riferimento alla pretesa discendenza della Massoneria dall'associazione di operai e muratori legata alla leggenda di Hiram, architetto del Tempio di Salomone. Dal medesimo mito ha tratto ispirazione la simbologia della setta: squadra e   compasso, strumenti professionali della categoria, per designare il dualismo materia e spirito; appellativo di “Grande Architetto dell’Universo” per indicare l’Essere Supremo.

Ma perché una loggia proprio ad Iglesias? La risposta si può trovare indirettamente nel primo numero (1908) de L’Aurora, giornale già dalla nascita in forte odore di massoneria, poi apertamente dichiarata: Se Cagliari è il cervello della nostra isola, Iglesias ne è il cuore. Questo importante centro industriale, (…) irradia un fecondo impulso economico sino alle più remote spiagge isolane, e in esso la vita si svolge febbrilmente per intensità di lavoro e per le alterne vicende dei mercati…

L'Aurora, organo della Loggia Ugolino di Iglesias del 16 febbraio 1908 (l'anno della scissione).

 

È chiaro, infatti, che il distretto minerario iglesiente, così ricco di potenziale economico ed umano, si dimostrava un laboratorio ideale per l’applicazione della dottrina professata dall’Ordine, tesa al progresso morale e materiale delle masse, al motto di Amore, Lavoro, Libertà. Tuttavia, il forte vento massonico, nello scorcio di fine Ottocento, non soffiava solo nella fertile regione del Cixerri, ma coinvolgeva e sconvolgeva l’isola   nella sua interezza:   da Sassari e   Alghero fino a   Villasor e Carloforte, da La Maddalena a Ozieri, da Tempio a Macomer. Addirittura, nella sola Cagliari erano attive ben quattro logge: la Fede e lavoro, la Gialeto, la Sigismondo Arquer e la Libertà e Progresso.

A quest’ultima era iscritto anche Enrico Serpieri, la cui storia personale appare esemplare, per comprendere meglio attraverso quali vie e con quali principi si diffuse in Sardegna il credo dei Liberi Muratori.

Enrico Serpieri (Rimini 1809 - Cagliari 1872).

 

Originario di Rimini, quando la Romagna apparteneva ancora allo Stato Pontificio, Serpieri si era rifugiato nell’isola dopo che la Sacra Consulta lo aveva condannato all’ergastolo “per aver osato parlare di libertà in tempi nei quali il nome d’Italia era una profanazione in faccia al Sillabo ed al Sant’Uffizio”.

Osservante del dettame massonico che associava crescita economica e progresso civile, nel 1858 costruì una fonderia a Domusnovas, per sfruttare il piombo contenuto nelle scorie di vecchie lavorazioni: replicata l’iniziativa a Fluminimaggiore, nel giro di pochi anni, riuscì a produrre il 56% di tutto il piombo sardo riconvertito. Promosse quindi   l’istituzione della cagliaritana Camera di Commercio,   di cui fu il primo presidente.

Per simile sorte, erano stati costretti all’esilio in Sardegna anche Bonaventura Ciotti (altro futuro imprenditore minerario), Giuseppe Galletti, Ippolito Pederzoli. Addirittura, a Macomer, si era creata una vera e propria colonia di profughi politici, riuniti attorno al   Conte Pietro Beltrame   di Bagnacavallo, il   quale, anch’egli fuoriuscito, poté comunque usufruire di larghe concessioni di disboscamento, tanto da essere ricordato come “l’Attila delle foreste sarde”.

L'elenco dei massoni iglesienti della Loggia Ugolino è stato pubblicato dal prof. Lorenzo Del Piano in Archivio Storico Sardo XXXII, pp. 380-381, che lo ha ripreso dalla tesi di laurea di Rita Cortis Carta (A.A. 1979-80), la quale a sua volta ha attinto ad un registro del Grande Oriente della Massoneria in Italia, conservato presso l'Archivio Centrale dello Stato di Roma (segnalato da A. A. Mola, Storia della Massoneria..., p. 145).

 

Era stato Camillo Benso di Cavour, anche lui massone, a favorire l’ingresso e la permanenza nell’isola di questi esuli: essi, spesso ricercati dalle polizie austriache e pontificie per aver ordito cospirazioni o tentativi insurrezionali, auspicavano la formazione di uno   stato unitario italiano,   assolutamente laico, che   avesse come capitale Roma, libera dal potere temporale del Papa. Tuttavia, malgrado il programma dell’Ordine fosse prevalentemente di stampo patriottico ed umanitario, fu proprio l’elemento anticlericale a definirsi come distintivo: a poco valse che i massoni non avversassero il Cristianesimo, ma solo i seguaci del Sillabo e di Pio IX, l’oscurantismo e la superstizione, e si occupassero di religione solo quando ritenevano fosse dolosamente usata a danno del popolo ignorante. Ciononostante, lo scontro frontale con le autorità ecclesiastiche divenne inevitabile.

Già alla fine dell’Ottocento, ad Iglesias, si verificarono gravi episodi di intolleranza contro presunti affiliati: come riporta Il Corriere di Sardegna, giornale vicino al Grande Oriente, nel 1874, durante la predica di un Venerdì santo, un sacerdote, inveendo contro le sette, aveva provocato un tumulto in chiesa, per sedare il quale era dovuto intervenire personalmente il vescovo.

Né, col tempo, il conflitto accennò a placarsi. Se nel 1900, in una sua relazione ad limina, Monsignor Ingheo si mostrava preoccupato per la diffusione nella diocesi iglesiente della setta massonica, il suo successore, Mons. Giovan Battista Vinati, addirittura si allarmò per la condizione religiosa all’interno della sua giurisdizione, da lui definita molto lacrimevole: la causa, per il vescovo, andava ricercata nella massoneria e nel socialismo, che, pur contendendosi il dominio, si trovavano concordi nell’avversare e disprezzare la fede cattolica.

Testimone delle ostilità, anche se su posizioni spiccatamente di parte, il settimanale L’Aurora, il quale, attaccato dalle   gerarchie ecclesiastiche locali,   non perdeva occasione di scagliarsi contro la Chiesa, regno delle tenebre, della superstizione, dell’ignoranza. Sulle sue pagine, tra l’altro, fu dedicato ampio spazio all’anniversario della presa di Porta Pia (XX settembre), ultimo epilogo del potere temporale dei papi, che incluse l’intero discorso di commemorazione pronunciato da Ernesto Nathan, sindaco di Roma ma anche Gran Maestro dell’Ordine. A tutte queste provocazioni tramite stampa, la curia iglesiente rispose con la stessa moneta, opponendo la diffusione di un periodico clericale, denominato eloquentemente Il Meriggio.

Purtroppo, l’inasprirsi di questa contesa   politica finì per   snaturare l’originaria vocazione de L’Aurora, il cui intento ispiratore era esortare il risorgimento economico e morale di Iglesias: gli articoli più riusciti, infatti, liberi da sterili polemiche, sono quelli in cui vengono trattate tematiche agricole e industriali, si promuovono la cultura e l’insegnamento, si auspicano migliorie infrastrutturali a beneficio collettivo, quali la manutenzione e sistemazione delle vie, la creazione di strade vicinali e di ospedali pubblici. In particolare, il giornale patrocinò la costruzione di un edificio ove ospitare la Scuola Mineraria, che, già   istituita nel 1871   per volontà di   Quintino Sella, necessitava di ambienti più consoni: la nuova struttura fu felicemente inaugurata nel 1911, grazie all’operosa azione dell’ing. Giorgio Asproni, già direttore della Montevecchio e presidente dell’Associazione Mineraria sarda, nonché confratello. Ma confratelli furono anche l’ing. Erminio Ferraris, presidente della società Monteponi e il sindaco Angelo Corsi, tanto per ricordare solo due delle importanti personalità, che, abbracciata la dottrina dell’Ordine, hanno contribuito al progresso della città.

 
L'ingegner Erminio Ferraris con la sua consorte a Monteponi (1924). 

 

In verità, l’adesione degli iglesienti alla causa massonica, aldilà degli iscritti e dei dichiarati, era davvero   massiccia: se si   dovesse redigere un   elenco dei suoi sostenitori, pur senza l’ufficiale affiliazione, l’inventario sarebbe davvero interminabile. Lo si deduce anche visitando il locale cimitero monumentale, ove moltissime tombe recano simbologie proprie della Libera Muratoria. Tale, tra le altre, quella di Fritz Posthoff, presidente della Società Ginnastica Iolao, attribuita allo scultore Giuseppe Sartorio: sul busto marmoreo che ritrae il defunto, inguainato da un panciotto, spicca una medaglia con inciso un motto molto esplicito: Italia libera. Ma gli esempi possono continuare numerosi: se, ancora, sul sepolcro di Antonio Muscas, Capo dell’Ufficio Telegrafico, formato da un obelisco su cui poggia un’urna cineraria, campeggia il simbolo massonico della stella raggiante, quello dei fratellini Centoz, (il cui padre, il commerciante Pietro, è annoverato proprio fra gli iniziati dell’Ugolino) espone decorazioni altrettanto eloquenti: un teschio poggiato su due tibie incrociate, un pipistrello e una clessidra alata.

  
Arredi funerari della tomba dei fratellini Centoz; urna nella tomba di Francesco Sanna Nobilioni (Cimitero monumentale di Iglesias).

 

Senza contare poi i tanti monumenti funerari da segnalare per la presenza di una civetta, uccello notturno che si ricollega al mondo pagano della sapiente Minerva: fra questi, l’obelisco dell’ingegnere minerario Carlo Marx, notoriamente massone, oltre alla tomba, costituita da un cumulo di pietre volutamente abbozzate, dell’ing. Alberto Enrile, la cui lapide marmorea riporta un significativo epitaffio: Con alta coscienza e con esemplare costanza professò la fede del naturalismo e fedele alla filosofia pratica di un universale sodalizio consacrò tutta la vita al dovere, cui non venne mai meno come uomo, come cittadino, come professionista, come amico e padre di famiglia.

I simpatizzanti iglesienti delle logge possono essere individuati anche scorrendo gli annunci funebri sui giornali dell’epoca: i necrologi massonici sono riconoscibili per i riferimenti numerici e letterali in pieno stile esoterico, oltre alla presenza dei tre puntini a forma di triangolo. Poiché la loro pubblicazione avveniva dopo la morte e magari a sepoltura avvenuta, spesso finivano per svelare un’iniziazione magari ignorata, fino a quel momento, sia dalle autorità ecclesiastiche che dalle rispettive famiglie. In realtà, prescindendo   dall’uso di simboli criptici, la segretezza dell’affiliazione non era sempre apprezzata neppure dagli stessi confratelli, essendo preferita ad essa l’orgogliosa professione di fede. Indicativo, in proposito, il commento sul Corriere di Sardegna: “O si è o non si è massonici, e siccome l’esserlo non scema punto la dignità personale di alcuno, si deve pur avere il coraggio di dirlo. Santi in Chiesa e Massonici nella Loggia non sono e non saranno mai di buon conio”.

Certo non nascose la propria appartenenza Raimondo Locci, reduce garibaldino, morto ad Iglesias nel 1908, ai cui funerali, in forma civile, partecipò, oltre a grandissima parte della cittadinanza, la Loggia Ugolino con tanto di bandiera. Il Locci si dimostrò fiero di essere massone, forse sull’esempio del suo stesso modello e guida, Giuseppe Garibaldi, non a caso primo Gran Maestro dell’Ordine.

 

L'articolo è stato pubblicato su "Almanacco di Cagliari, 2008"

 
I massoni della massoneria internazionale storica, in Italia il Grande Oriente d'Italia e la Serenissima Gran Loggia D'Italia (ALAM).
 
Cronologia essenziale di Iglesias: 18 febbraio 1908, scissione del Grande Oriente d'Italia e formazione della Serenissima Gran Loggia D'Italia (ALAM). 
 
 
Evento cronologico: le liste dei massoni sardi sono rese pubbliche dal quotidiano regionale La Nuova Sardegna il 14 ottobre 1994 e il 14 febbraio 2004.

 

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Grazia Villani

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Grazia Villani

(Pistoia)

Vive e lavora in Sardegna. Già archeologa, si interessa alla storia dell’emigrazione in Sardegna durante l’epopea mineraria. Pubblica in riviste locali, nazionali e internazionali, collaborando con università e istituti di ricerca. Attualmente svolge anche il lavoro di insegnante.

Ha curato, tra l’altro, l’allestimento del Museo civico - "Museo del minatore" di Buggerru, di cui è stata direttrice scientifica per diversi anni.

Dal 2013 è coordinatrice scientifica della Scuola Civica di Storia ad Iglesias; 1993 Laurea in Lettere Classiche, con orientamento archeologico, presso l’Università di Cagliari con una tesi dal titolo Strutture ecclesiastiche e topografia medioevale di Iglesias; 1999 Laurea in Scienze della Formazione, con orientamento antropologico-culturale, conseguito presso l’Università di Cagliari, con una tesi dal titolo La casa introversa sarda: il caso di Quartu Sant’Elena nel contesto storico-culturale mediterraneo; 

2003 Specializzazione in Studi Sardi, con indirizzo archeologico-artistico, conseguita presso l’Università di Cagliari con una tesi dal titolo: Le tombe di giganti: riflessioni di carattere etnologico; 2006/2007 Master II livello in Mediazione Culturale nei Musei, conseguito presso l’Università degli Studi Roma Tre; 2001 Abilitazione come vincitrice di concorso per l’insegnamento di letteratura italiana, storia e geografia presso gli istituti di scuola secondaria di primo e secondo grado, di ruolo dal 2005.

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