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Cos’è l’impronta ecologica


 




Indicatori del consumo delle risorse locali

«[...] Tenterò di dimostrare inoltre che la soluzione di tutte le tensioni che oggi esistono nel mondo e di quelle ancora più gravi che ci aspettano nel prossimo futuro, richiede un approccio totalmente diverso rispetto a quello dell'economia convenzionale, che si fonda esclusivamente sul meccanismo dei prezzi e sui trasferimenti finanziari. Propongo di chiamare questo nuovo approccio "bioeconomia", per sottolineare l'origine biologica dei processi economici e chiarire che l'esistenza dell'umanità deve fare i conti con la limitatezza delle risorse, localizzate e distribuite in modo diseguale.» [Nicholas Georgescu-Roegen, Ineguaglianza, limiti e crescita da un punto di vista bioeconomico, Review of Social Economy, XXXV (1977), pp.361-75; Bioeconomia, Bollati Boringhieri, 2003]

La "sostenibilità" è la ricerca di armonia e di equilibrio tra le attività umane e la biosfera.

In pratica è una lotta incessante tra dinamiche lente (la natura) e veloci (l'attività umana).

La moderna economia è essenzialmente basata sull’uso del lavoro (che caratterizza la dinamicità umana) e del capitale (che storicizza gli scambi avvenuti e predice i potenziali scambi futuri). Tutto questo senza tenere conto dell’effettiva disponibilità di risorse trasformabili col lavoro e scambiabili con l’intermediazione del capitale.

In pratica si trascura di considerare che la Terra è un sistema chiuso con risorse limitate.

La "sostenibilità" cerca di introdurre nell’economia l’ecosistema con le sue risorse naturali (mari, fiumi, laghi, flora, fauna…) e i prodotti della terra, della pesca, dell’allevamento… ma anche il patrimonio della cultura e dell’arte, ossia di tutte quelle attività che utilizzano risorse materiali e immateriali (la creatività, le conoscenze e le competenze) per cercare di soddisfare i bisogni degli individui della specie umana.

La sostenibilità dello sviluppo è caratterizzata da vincoli fisici semplici, come ad esempio, l’impossibilità di consumare ciò che non è stato ancora prodotto. Per questo la velocità con la quale si preleva un determinato bene naturale deve essere minore della velocità con la quale lo stesso bene si rigenera, altrimenti gradualmente si esauriranno le risorse accumulate e la terra non potrà più mantenere in vita alcunché:  il consumo di terra in Italia per soddisfare i bisogni della popolazione era di circa 2.7 volte l’estensione complessiva delle terre produttive disponibili, secondo le stime del 2008, già 4.3 volte nel 2017. Ciò significa che abbiamo bisogno di sfruttare terre al di fuori di quelle nazionali per mantenere l'attuale tenore di vita e le abitudini consolidate.  

  

 Impronta Ecologica Globale (IE) Global Footprint Network (2017)

I processi naturali sono lenti e vanno assecondati con intelligenza e in modo sistematico (efficace e efficiente).Se tagliassimo le foreste senza riforestare alla fine moriremmo soffocati dagli effetti dell’anidride carbonica.

L’Agenzia Europea per l’Ambiente ha introdotto, attraverso un’iniziativa denominata “Verso un profilo di sostenibilità locale…”, vari indicatori tra i quali “l’Impronta Ecologica” e ha chiesto ai comuni europei di valutare questi indicatori raccogliendo i dati degli “stili di vita” (consumi di prodotti, energia, suolo…) delle popolazioni locali.

Che cos'è l'impronta ecologica?

 

L’Impronta Ecologica e la biocapacità

L’IE, introdotta dai ricercatori canadesi Mathis Wackermagel e William Rees a partire dagli anni ‘90, misura la quantità di area biologica produttiva (terra e acqua) necessaria ad una certa popolazione per produrre tutto ciò che è in grado di consumare e riciclare dai rifiuti che genera: in pratica stima la capacità di consumo della popolazione per il soddisfacimento dei propri bisogni e la mette in relazione alla biocapacità produttiva effettiva (terre arabili, pascoli, foreste, aree marine produttive…). Dalla differenza tra biocapacità e Impronta Ecologica si ottiene la previsione di sostenibilità o l’insostenibilità a medio e lungo termine (Deficit=B-IE).

Il calcolo dell’Impronta Ecologica fornisce un risultato in ettari (1 ha. = 100m x 100m = 10000 m2 = 10-2 km2 = 0,01 km2 = 1/100 km2, o anche 1 km2 = 100 ha.) di territorio consumato per produrre beni sufficienti a un certo tenore di vita e fa uso di fattori di conversione per ogni voce (alimenti, energia, servizi …) considerata (un metodo generale lo puoi trovare qui).

Aggregando i risultati raccolti localmente, nei comuni e nelle piccole comunità, si è giunti ad una prima stima dell’Impronta Ecologica dei paesi membri dell’unione europea e confrontando questa stima con la biocapacità effettiva di ogni nazione (stima più precisa degli ettari effettivamente utilizzati nei processi produttivi) si riesce a valutare, in prima approssimazione, la sostenibilità dello stile di vita delle popolazioni relative ai territori.

Per l’Italia la capacità di consumo delle risorse è poco più di quattro volte (4x) la biocapacità effettiva del territorio nazionale (dati raccolti nel 2008). Per visualizzare meglio, diremo che per soddisfare l’attuale stile di vita della popolazione italiana sono necessarie aree produttive corrispondenti a quattro volte e mezzo quelle dell’Italia. Il deficit è pari a -3.37 (D=1.15-4.52<0)

 

Impronta Ecologica e Biocapacità italiana. Tratto da WWF Living Planet 2012 (dati del 2008)

 

È chiaro che un approccio del genere è ancora impreciso, ma col tempo, con il miglioramento dei modelli e la quantità e qualità dei dati rilevati, si giungerà a un risultato più aderente ai fatti in tempi brevi.

La biocapacità considera tutte le possibili attività che richiedono direttamente o indirettamente le capacità produttive degli ecosistemi e che quindi hanno un corrispettivo in superficie di terreno produttivo. Tengono conto in particolare delle seguenti attività:

  • estrazione, trattamento e trasporto dei beni e delle merci
  • produzione dell’energia
  • smaltimento dei rifiuti e degli scarti (solidi, liquidi e gassosi) delle lavorazioni
  • occupazione dei territori (edifici, impianti e infrastrutture)

Il territorio ecologicamente produttivo viene distinto in categorie:

  • Terreno per l’energia: due approcci
  1. superficie necessaria per produrre energia in modo sostenibile (Comunità Europea)
  2. area forestale necessaria per assorbire l’anidride carbonica (CO2) emessa dalla produzione di energia da combustibili fossili (Wackermagel-Rees)

Le aree ottenute sono dello stesso ordine di grandezza.

  • Terreno agricolo: superficie arabile utilizzata per produrre alimenti e prodotti di origine agricola (cotone, tabacco…)
  • Pascoli: superficie dedicata all’allevamento e indirettamente a prodotti derivati (latte, uova…)
  • Foreste: aree dedicate alla produzione di legname e affini (sughero…)
  • Superficie degradata: ecologicamente improduttiva, utilizzata per infrastrutture, manifatture, servizi e vie di comunicazione
  • Mare: superficie marina utilizzata per l’allevamento delle risorse ittiche consumate.

 

Biocapacità approssimata del Sulcis-Iglesiente sotto la falsa ipotesi che la distribuzione dei terreni agricoli ricalchi la distribuzione su base regionale[1].

Data la diversità dei territori individuati, la cui produttività dovrà essere sommata alle altre per determinare la biocapacità complessiva, è necessario pesare questi valori distinti rispetto alla produttività media mondiale (normalizzazione dei dati), attraverso dei fattori di conversione (che portano alla definizione di un “ettaro equivalente”ha. eq. o “ettaro globale”gha.).  

Ad esempio la “terra arabile” è circa due volte (pta > 2,0) più produttiva della media della terra mondiale mentre il “terreno da pascolo” non raggiunge la metà (ptp < 0,5) della produttività della media della terra mondiale: ciò significa che la “terra arabile” è oltre 4 volte più produttiva del “terreno da pascolo” (pta > 4*ptp). Dal confronto della produttività di un terreno con la media mondiale viene fuori la misura in ettari equivalenti.

  • la “terra arabile” è circa due volte (pta > 2) più produttiva della media mondiale2,11 ha. eq.
  • il “terreno da pascolo” non arriva alla metà (ptp < 0,5) più produttiva della media mondiale 0,47 ha. eq.

Più il terreno è produttivo più è alto il numero di ettari equivalenti che lo rappresenta. A questo scopo si usano i “fattori di conversione”, per realizzare correzioni statistiche che tengano conto delle variazioni dalla media della produzione mondiale si usa lo “yield factor” (fattore di produzione).

In ogni categoria di terreno è presente in un mix regionale o di zona (qui si ipotizza, per semplificare, che il mix della zona Sulcis-Iglesiente sia lo stesso della regione Sardegna), esprimendo l’apporto della tipologia in valori percentuali (%). Ogni elemento relativo alla singola tipologia viene sommato, essendo stato normalizzato e reso equivalente alle altre tipologie. Il risultato viene diminuito del 12% (si considera una parte del terreno come non direttamente produttivo ma con caratteristiche di mantenimento della struttura dell’ecosistema), quindi si divide per la popolazione della zona di territorio: questa è la biocapacità pro capite. Questo valore è quello utilizzato nel confronto con l’impronta ecologica per determinare il deficit ecologico.

 

 

Letture consigliate

  • Juan Martinez-Alier, Economia Ecologica, Garzanti 1989
  • Nicholas Georgescu-Roegen, Energia e miti economici, Bollati Boringhieri 1998
  • Nicholas Georgescu-Roegen, Bioeconomia, Bollati Boringhieri 2003
  • Mathis Wackernagel, William Rees.Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth. Gabriola Island, New Society Publishers, [Traduzione italiana: L'impronta ecologica. Come ridurre l'impatto dell'uomo sulla terra. Milano, Edizioni Ambiente, 2004].
  • Jeremy Rifkin, Entropia, Baldini Castoldi Dalai 2004 (I edizione inglese Penguin  Putnam 1980)
  • Impronta Ecologica e analisi eMergetica 2009 (Provincia di Venezia)
  • Footprint Forum 2010 (Global Footprint Network)
  • Living Planet Report 2012 (WWF)
  • Living Planet Report 2010 (WWF).
  • Living Planet Report 2018 (WWF)
  • Impronta ecologica su pdfdrive.com

  

[1] I dati di popolazione e superficie sono quelli del Sulcis-Iglesiente mentre la distribuzione delle terre è quella della regione Sardegna

[2] I dati di input "terra arabile" sono stati ottenuti da Mathis Wackernagel, Ritik Dholakia, Diana Deumling, and Dick Richardson, Redefining Progress, v 2.0, March 2000.

    

Se tu volessi cimentarti nel calcolo, continueresti a leggere...

   Calcolo approssimato dell’impronta ecologica a cura di Mauro Ennas

 

Blog collettivo iglesiente

  

 

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