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La riconversione possibile

 

  

Vocazione del Sulcis-Iglesiente e ipotesi di riconversione dello stabilimento e/o di reimpiego dei dipendenti in attività pacifiche e sostenibili, in caso di embargo verso l'Arabia Saudita. [1 quadro territoriale]

 

Quale modello di sviluppo sostenibile per il territorio e quali prospettive per la riconversione dell'industria delle bombe?

 

L'attività mineraria prima e successivamente quella metallurgica, concentrata nell'area   di Portovesme, hanno determinato, nel Sulcis-Iglesiente, una situazione significativamente diversa da quella del resto della Sardegna, se messa in rapporto alla popolazione attiva, con   la terra considerata come fonte di sostentamento.

I due secoli di industrializzazione hanno, di fatto, sradicato la maggioranza della popolazione di quest’area, dalla tradizionale economia agricola di sussistenza, che costituiva in tutta l'isola   la principale occupazione.

L'eradicazione sarebbe   stata quasi totale, se non fosse per   la colonia, di oltre 2000 desulesi, che ha parzialmente ripopolato le campagne – soprattutto con l'allevamento di ovini – dopo la fuga dei sulcitani verso i centri industriali. Ciò ha contribuito in maniera significativa a mantenere   presente, nella   popolazione, una capacità d’impresa   che sarebbe   stata   altrimenti   quasi   completamente cancellata dal lavoro   dipendente e totalizzante in miniera o in fabbrica. 

È questa   quota di “immigrati” interni che,   per   esempio, risulta   trainante per   le   piccole imprese commerciali e artigianali dell'Iglesiente.

 Risulta evidente l'impossibilità,   per   l'industria,   di garantire   un sufficiente   grado   di occupazione e rimane da rivalutare   l'apporto che l'attività agricola può dare all'economia del territorio. Naturalmente, con un processo graduale accompagnato da un intenso impegno formativo da rivolgere alle nuove generazioni, altrimenti sostanzialmente digiune dei saperi necessari all’impresa, in quanto è venuta a mancare una consolidata tradizione familiare.

Considerando che in Sardegna e nel Sulcis-Iglesiente, nonostante la grande disponibilità di terreni coltivabili, risulta largamente minoritaria la percentuale di consumo   di prodotti locali, a fronte di massicce importazioni da territori simili   per caratteristiche climatiche ed irrigue (come ad esempio Puglia, Sicilia,   Spagna e Tunisia) è del tutto evidente che la produzione di alimenti vegetali ed animali potrebbe essere un'importante fonte economica per tutta la regione ma in particolare per l'area del sud-ovest, nella quale già esistono zone virtuose sotto questo aspetto, quale, ad esempio, quella di Masainas.


È riconosciuto nel mondo il grande valore dei prodotti agricoli sardi e dei loro trasformati lattiero-caseari, carnei, dolciari… così come è evidente che agricoltura, industria (compreso l’artigianato di trasformazione e di produzione alimentare) e il sistema dell'accoglienza   turistica, possono formare, nelle situazioni più evolute, una filiera virtuosa in sinergia col sistema dei trasporti, dell'assistenza medica, della cultura e dei servizi in genere. 

Stanti   questi presupposti, riteniamo che la situazione   attuale del territorio, per   quanto critica e particolarmente provata sul piano dei redditi familiari, in particolare per la diseguale distribuzione, sia   però,   proprio per   la   relativa verginità riguardo alla micro e   media impresa agricola e agroindustriale, suscettibile di grandi trasformazioni e di sviluppo sostenibile e duraturo.

Vedere nell'attività legate alla tradizione agricola la principale chiave di sviluppo non ci porta però automaticamente a scartare   ogni tipo di industrializzazione   e tanto meno di modernità. Anzi   parlare di agricoltura, produzioni alimentari   e turismo   come   attività trainanti e redditizie per un gran numero di occupati, non è più possibile   senza   associare   le tecnologie informatiche e la meccanizzazione dei processi più ripetitivi e faticosi.

Sarebbe molto interessante la definizione, per i prodotti tipici del territorio, di un marchio etico-ambientale del Sulcis-Iglesiente o della Sardegna, che garantisca anche la non contaminazione delle filiere degli stessi prodotti con la prossimità ad attività collegate con industrie inquinanti e con l'economia di guerra.

 

Ci può essere dunque spazio per   tutto, tranne che per le attività evidentemente in contrasto con la possibilità di mantenere ed offrire un ambiente godibile e salubre, di preservare i valori tradizionali come l'accoglienza ed il rispetto dello “straniero”, di continuare ad utilizzare   e proporre una cucina tipica semplice e genuina. Tutte   cose   messe, purtroppo, fortemente a rischio sia dall'industria dell'alluminio di Portovesme, con l'enorme quantità di rifiuti industriali   tossici che produce sia, ovviamente, dall'industria bellica per   i suoi effetti   sull'ambiente naturale, sociale   e morale e per   quelli – distruttivi e devastanti – indotti a migliaia di chilometri, sulla vita di popolazioni innocenti e di beni culturali patrimonio dell'umanità. 

Perciò, nel perseguire la possibilità della riconversione dei posti di lavoro legati allo stabilimento RWM di Domusnovas-Iglesias, il Comitato non rifiuta aprioristicamente nessuna soluzione ma pone alcune precondizioni, riconducibili al concetto di autosviluppo sostenibile, a questo proposito si   cita di seguito la Carta dell'Autosviluppo eco-solidale [2] elaborata dal Centro Sperimentazione Autosviluppo ONLUS, tra i soci fondatori del Comitato Riconversione RWM.

 

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   Carta dell'autosviluppo eco-solidale a cura della Rete delle associazioni

   La riconversione RWM: metodo e proposte a cura di Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita 

 

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   Il caso RWM a cura di Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita

 

Cinzia Guaita

Cinzia Guaita 

(Iglesias, classe 1965)

1983  Maturità scientifica presso il Liceo "G. Asproni" di Iglesias;  1988 Laurea in Pedagogia Università degli studi di Cagliari. Moglie, madre, insegnante, cittadina attiva da sempre sulle tematiche ambientali, della pace e dei diritti umani. Co-fondatrice della "Scuola civica di politica - La città in comune", co-portavoce del Comitato per la Riconversione RWM. Membro della Tavola sarda per la pace, del gruppo di progetto "Protezione a chilometro zero", di "Economia Disarmata", gruppo di lavoro del Movimento dei Focolari e della rete "Coordinamento Yemen". Inoltre faccio parte della associazione "Mamme da Nord a Sud" che raggruppa decine di associazioni femminili principalmente ambientaliste.  

 

Arnaldo Scarpa

 

 

Arnaldo Scarpa 

 (Sassari, classe 1966)

1985 Perito Informatico presso l'ITIS “G. Angioy” di Sassari;  Cittadino iglesiente (1994), padre di 3 figli,  insegnante, pacifista nonviolento, attivo da sempre su temi ambientali, economici e sociali, co-portavoce del Comitato per la Riconversione RWM, membro della Tavola sarda per la pace, di "Economia Disarmataa" (gruppo di lavoro del Movimento dei Focolari) e della rete "Coordinamento Yemen".

 

[1] [1bis] INVITALIA, Il Sulcis-Iglesiente, Inquadramento generale (20 febbraio 2013)

[2Carta dell'autosviluppo eco-solidale (Centro Sperimentazione Autosviluppo ONLUS)

 

 

COMITATO RICONVERSIONE RWM per la pace, il lavoro sostenibile, la riconversione dell’industria bellica, il disarmo, la partecipazione civica a processi di cambiamento, la valorizzazione del patrimonio ambientale e sociale del Sulcis-Iglesiente.

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Sede legale: VIA SCARLATTI 3 – 09016 – IGLESIAS (SU) - C.F. 90040310923

Portavoce: Arnaldo Scarpa (346 1275482) – Cinzia Guaita (327 8194752)

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