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Una vita per la Pace

Mauro Ennas intervista Teresa Piras per il Blog collettivo iglesiente.

Una vita dedicata all'insegnamento e alla diffusione di antichi saperi e conoscenze, finalizzate alla consapevolezza olistica e alla Pace. Lei si è prodigata, con costanza e determinazione, per riscoprire gli antichi saperi legati all'agricoltura e all'alimentazione. Tutto discende dalla Terra, anche la Pace!

La Pace, quella vera, non si costruisce in un giorno ma con il sacrificio costante e l'attenzione per il prossimo, l'empatia, la reciprocità, la temperanza, l'educazione.

Ci piacerebbe che ci spiegasse quali sono, secondo la sua esperienza pluriennale, le fondamenta e i pilastri necessari per costruire una cultura di pace che sia laica, condivisa, possibile. Sappiamo che non è una missione semplice, ma è necessario fare chiarezza.

Il suo pragmatismo e la sua storia personale ci hanno fatto pensare che fosse la persona giusta per un'impresa di questo tipo. Ci piacerebbe capire come possa essere possibile “cambiare il mondo”, mettendo in discussione una mentalità aggressiva e violenta, a partire dalle nostre comunità: quali passi consequenziali sarebbero utili per realizzare un processo di costruzione della Pace nelle nostre comunità. Questa serie di interviste gira attorno a questo tema senza mai svelarlo completamente, è ora di pensare a come costruire armonia e la consapevolezza nella possibilità di un cambiamento, a partire da ognuno di noi. Come fare?

La ringrazio, anche a nome del Blog collettivo iglesiente, per avere accettato di rispondere a questa intervista e per il suo impegno costante, a tutto tondo, nel “Centro Sperimentazione Autosviluppo”, in “Domusamigas”, nel “Comitato per la riconversione (dell'industria bellica) RWM” e in altre associazioni e iniziative del territorio. Le siamo grati/e per il suo impegno nella diffusione della partecipazione civile a favore della cultura della Pace, attraverso azioni concrete, mirate alla crescita delle nostre comunità e del territorio del sud-ovest sardo.  Grazie per essersi resa disponibile!

Innanzitutto potrebbe cercare di ricostruire com'è nato il suo impegno per le tematiche civili, sociali e della pace? Quali elementi della sua formazione hanno influito nelle sue scelte di vita e di impegno? Ci parli di lei stimolando i lettori con qualche suggestione.

 

Forse non vissi in me stesso,

forse vissi la vita degli altri,

la mia vita è una vita fatta di tutte le vite

(“Confesso che ho vissuto” - Pablo Neruda)

 

Sono Teresa Piras, ho 79 anni e sono nata nel centro Sardegna, a Ozieri. Ho vissuto a Cagliari sino all’età di 26 anni, dove ho frequentato l’Università.

Durante i miei studi ho avuto la grande opportunità di incontrare Aldo Capitini, fondatore del movimento nonviolento italiano, che mi è stato di ispirazione nel compiere una scelta di vita basata sulla nonviolenza. 

In quegli anni mi sono interessata all’America Latina: avevo contattato Arturo Paoli, un Piccolo Fratello del Vangelo che viveva in Argentina. Paoli mi fece conoscere la congregazione dei Piccoli Fratelli del Vangelo, che aveva avviato una comunità nel Sulcis-Iglesiente, nella frazione di Bindua, a tre chilometri da Iglesias. 

Appena laureata, nel 1969, col mio compagno abbiamo deciso di andare ad abitare in questo villaggio di minatori per conoscere e vivere questa esperienza. 

 

Lei, insieme a poche altre persone (quasi esclusivamente donne) è riuscita a comprendere profondamente il senso reale della vita delle comunità e soprattutto ha compreso che alle manifestazioni del dissenso deve seguire un progetto concreto di condivisione ed espansione dei saperi nelle pratiche quotidiane. Come si è evoluta la sua esperienza?

Negli anni 70, nel villaggio si era costituito un comitato di quartiere che si occupava dei problemi della comunità: qui ho imparato a conoscere i bisogni delle persone, a cercare soluzioni ai problemi e a fare delle cose insieme.  

Fratel Gerardo, un piccolo fratello della comunità che aveva fatto il minatore per 13 anni, si impegnò per creare delle cooperative. In questo contesto sono nate diverse cooperative, tra le quali una maglieria e un mini calzaturificio.

Anche il mio compagno ha dato vita a una cooperativa, denominata Cooperativa Edile Bindua che ha dato lavoro a tanti operai. Questa cooperativa è tuttora attiva.

Questa è stata per me la prima esperienza sociale, di creazione di opportunità lavorative, ma anche una esperienza di condivisione, di mutualismo, di aiuto reciproco, di progetti condivisi.

Dopo cinque anni di questa meravigliosa esperienza comunitaria, durante i quali sono nati i nostri tre figli, abbiamo deciso di trasferirci a Iglesias. 

A Iglesias, io e il mio compagno abbiamo costituito la cooperativa di consumo “La familiare”, una vera e propria impresa sociale che ha aggregato 600 famiglie. È stata un’esperienza sociale interessante, gestita dal basso.

In questo momento, insieme ad altre persone con cui avevo condiviso questa esperienza, abbiamo sentito il bisogno di approfondire la nonviolenza attraverso gli scritti e le testimonianze dei grandi maestri, in particolare di Gandhi. Questa conoscenza ci ha indotto a praticare la nonviolenza nella quotidianità come suggerito da Gandhi nella nota massima “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo".

 

Come è stato possibile assorbire e metabolizzare il messaggio pacifista e non violento all'interno di un contesto contemporaneo in continuo divenire? Qual è stato il primo passo?

Il primo passo è stato quello di abbandonare il cibo industriale per cercare un cibo più sano che provenisse dal territorio, rispettando la salute della Terra e il lavoro contadino.

Questo graduale cambiamento ci ha permesso di conoscere in modo capillare il  territorio, di valorizzare piccole aziende biologiche e scoprire la biodiversità che potevano offrirci. Avevamo molto forte la consapevolezza dei limiti di un modello che prende, prende fino a esaurire le risorse naturali, incurante della Terra e degli esseri umani, poi abbandona lasciando dietro di sé il disastro.  

 

Quali sono stati gli effetti della vostra consapevolezza sulle vicende del territorio?

Un cambiamento epocale è avvenuto intorno a noi con la chiusura delle miniere tra il ‘93 e il ’96. Con le dismissioni non c'è stato ripristino, né risanamento o riassetto ambientale: il territorio venne riconsegnato in questo modo dal colonialismo, perché il colonialismo non c’è stato solo nei confronti dei paesi del sud del mondo, ma anche in una regione come la nostra. 

Le miniere chiusero; un tipo di società e un modello di sviluppo entrarono in crisi. Quindicimila minatori persero il lavoro e i giovani ripresero a emigrare. 

Intorno a noi, nelle nostre comunità, si discuteva del futuro, del destino del territorio, della nostra identità. Le donne del villaggio di Bindua si domandavano: “Che cosa possiamo fare per i nostri figli?” 

Per dare una risposta a questa domanda, con l'idea di praticare un cambiamento che mettesse in gioco il potere creativo delle donne e la disponibilità a prendersi cura del territorio, abbiamo deciso di fondare un'associazione: il Centro Sperimentazione Autosviluppo.

Nel portare avanti il progetto abbiamo utilizzato il concetto gandhiano di sperimentazione: non si trattava di avere una teoria già pronta, ma di costruire qualcosa a piccoli passi, verificando con la riflessione le pratiche, in modo da correggere eventuali errori. 

In questa situazione d’abbandono da parte dell’industria mineraria, abbiamo pensato che volevamo contare su di noi, sulle nostre forze, volevamo avere fiducia nella nostra storia. Abbiamo cercato in questo modo di ricreare una economia partendo dalla nostra vita quotidiana, dall’economia domestica e ci siamo chieste come potevamo soddisfare i nostri bisogni in armonia con noi stesse, con gli altri, con la Terra. Ci siamo rese conto che la maggior pare delle cose che usiamo nella nostra vita quotidiana non provengono dal nostro territorio ma da paesi lontani, attraverso storie di guerra, di sofferenze, di morte, inquinando l’acqua, l’aria, il suolo. 

Ci siamo poste allora questa domanda: ”Perché non vivere dai nostri campi, dal nostro lavoro, dal lavoro delle persone che ci stanno vicine, di quello che la terra può produrre, rispettandone gli equilibri vitali?” 

Abbiamo iniziato ad agire sul territorio, con l’esigenza di partire senza aspettare da altri il denaro o l’autorizzazione a fare le cose. Abbiamo cercato di valorizzare quello che c’era; siamo andate a cercare le realtà che agivano con la nostra stessa sensibilità, nel rispetto della Terra e le abbiamo messe in circolo. Il nostro logo, non a caso, raffigura “su ballu tundu”, un cerchio di persone che si tengono per mano. Abbiamo fatto questo lavoro di ricerca e abbiamo cominciato a sostenere piccole realtà produttive locali che a loro volta ci potevano sostenere, coltivando il cibo per noi. Questo ci ha consentito di cambiare quasi completamente l’alimentazione quotidiana delle nostre famiglie recuperando una diversa qualità del cibo, più buono, più sano, più fresco., attraverso uno scambio completamente diverso rispetto al mercato dell’economia capitalistica. 

Il discorso sull’alimentazione poteva estendersi agli altri bisogni della vita quotidiana, abbiamo quindi cominciato a cercare quelle piccole realtà artigianali che avevano conservato la capacità di produrre in modo tradizionale, utilizzando materie prime locali, disponibili sul posto.

Questo ci ha permesso di scoprire la creatività e la ricchezza racchiuse nei saperi antichi, in tutte le forme del saper fare, saper essere e saper stare nel proprio luogo che i nostri antenati hanno tramandato, utilizzando gli elementi naturali: argilla e pietra locale per l’edilizia e la ceramica; le fibre naturali, come la paglia, il giunco e la canna per la cestineria; lino, cotone e lana per la tessitura. 

Abbiamo riscoperto la bellezza dei manufatti artigianali, introducendoli nell’uso quotidiano, sperimentando la gioia di pesare il meno possibile sulla Terra. I saperi di ieri ci servono nel presente e possono darci futuro. Le idee e le pratiche che abbiamo sperimentato e sperimentiamo saranno semi di nuove comunità autosufficienti e solidali. Abbiamo cercato di realizzare il più possibile nella nostra comunità l’armonia con l’ambiente che ci circonda, ricostruire i legami con l’ambiente, al contrario di quanto avviene nell’economia in cui distruggiamo la base della nostra sopravvivenza, sprechiamo l’acqua, inquiniamo l’acqua e il suolo.

Con la nascita dell’associazione la mia storia individuale diventa sempre più storia collettiva e dà i suoi frutti più maturi.

 

 

Grazie e buon lavoro.

 

 

 

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Teresa Piras

(Ozieri/Sassari)

1969 Laurea in Pedagogia conseguita presso l’Università degli studi di Cagliari; 1969-2001 docente si materie Letterarie nella scuola media statale; 1999 Socia fondatrice dell’Associazione Centro Sperimentazione Autosviluppo onlus e presidente: ha curato convegni, mostre, fiere, feste, progetti su temi quali turismo responsabile, commercio equo, agricoltura biologica, movimento della decrescita, progettazione della transizione.

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